Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/584

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576 esercitazioni filosofiche

lasciò scritto Aristotile); per obiezzioni addottemi son stato necessitato all’impresa di queste mie Esercitazioni Filosofiche, per le quali non intendo rispondere ad altro che a quel che ad esso Aristotile ripugna.

Questo fine mi ha mosso, non già perchè io creda la filosofia di esso in ogni parte infallibile, o i suoi discorsi totalmente e sempre dimostrativi; anzi stimo per certo, la verace filosofica sapienza nè a lui nè ad alcun altro de gli omini esser stata giamai per vie naturali pienamente concessa. L’umano sapere, effetto principale dell’anima nostra, non eccede il vigore della cagione; non potrà dunque da lei, finita, ricever virtù d’attingere l’infinità d’i scibili, massime del supremo, che è l’unico fonte di conoscenza. L’oggetto e la potenza cognoscitiva hanno proporzione scambievovole; se dunque ella, limitata, tende all’attingenza dell’immenso, attraendosi fuor di sè stessa, nè attingendo quello, si annienta. Oltre che ella medesima, quasi del tutto a sè incognita, quali conoscenze potrà aver scienziali e distinte di i suoi effetti? e cognizioni forse per cause senza cause? totalità di scienza col mancamento di principali principii e del tutto? La purissima intelligenza è Iddio; non può dunque trovarsi da Lui disgiunta, e chi la spera totale nelle creature, presume racchiuder l’infinito attuale in un punto. I nostri discorsi, che chiamiamo demostrazioni infallibili, se siano negativi, saran realmente veri; ma ne conducono appunto ad una verità negativa, ad una cognizione che niente abbraccia. Poco più vale il conoscer per sillogismi che l’elefante non sia un sasso, che il non conoscerlo in modo alcuno. L’affirmative universalissime sono veraci anch’elle, ma non si avvicinano al scopo, ne lasciano nel communale e nel confuso: ed è in vero poco laudabile la dimostrazione di colui che altro non conchiude, che sia animale il cavallo ed il delfino. Le più particolari, quelle che si dicono immediate e potissime, se in verità si trovassero come si concepiscono con la mente, se riuscissero nella prattica come si proferiscono con la lingua, sarebbono senza dubbio approbabili e degne: ma di grazia se ne facci una sola; io quanto a me non ne ho udita mai alcuna, che da intelletti elevati non sia stata conosciuta in qualche modo manchevole, soggetta alle censure ed all’instanze, eccetto di cose singolari, sensibili, che sono più tosto cognizioni del senso che effetto d’intelletto dimostratore. Nè è bastante numerar le condizioni della demostrazione e della scienza, perchè in noi si trovi scienza e dimostrazione, come non basta descriver la felicità di questa vita per render l’uomo felice: quella da ogni persona intendente può facilmente esser al vivo delineata, e pur in niun di viventi si trova la felicità reale, se non forse (come argutamente fu detto da alcuni) la sua prima sillaba fel. Non è, non è dunque in noi la pienezza totale del sapere: consideriamolo da gli eventi; già da’ leoni non nascono conigli, nè dell’aquile colombe. E nulladimeno i figli di questa qualità divina, più tosto de gli uomini che volgarmente chiamiamo scienziati, altri per lo più non sono che l’ambizione la perfidia ed il fasto; altieri, intrattabili, arroganti, d’ogni Dio sprezzatori e