Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/612

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604 esercitazioni filosofiche

cinasse, più anelerebbe al suo luogo, non però che da quel punto fusse contenuto o circondato: e (per dirlo in altre parole) il punto è centro e termine di approssimazione, non di continenza.

Che il fuoco si mova circolarmente, perciò deva esser questo moto naturale, non violento, vi rispondo, come ho risposto altre volte (già è argomento trito di ogn’uno), che quel moto è naturalissimo in rispetto del tutto, non delle parti: voglio dire, che essendo più naturale alle parti di soggiacere ed obedire al tutto, o l’inferiori alle più nobili, che di operar per sè stesse, mentre con questa dipendenza operano, non patiscono violenza. Già la destra ferita per difesa della testa, per imperio dell’anima, è ben violentata in sè stessa, ma non ha avuto altro che eccessiva naturalezza nell’obedir e dipender da chi doveva: così i moti circolari degli elementi dipendono, come meno nobili, da i più nobili celesti, e perciò, al giro di quelli movendosi, non soggiacciono a vera violenza; e solo quel violente non è perpetuo, che riceve forza estranea, distruggitrice, non imperio de’ suoi maggiori: così sarebbe violentata l’acqua dal caldo eccessivo, il fuoco dal freddo; ma per ordine del suo tutto si ritirano naturalmente dalle particolari inclinazioni; onde per toglier il vacuo, che alla natura universale ripugna, le cose gravi saliscono, e discendono le levi.

9. Quanto alla nona parte, che la Terra non sia nel centro del mondo, vi risponderò quando voi intenderete di mostrare il contrario: per ora vi dico che Aristotile non ha commesso errore di petizion di principio, perchè il supposito è evidente, o almeno concesso quasi da tutti o dalla maggior parte de’ professori; nè esso intendeva provar qual fusse il centro del mondo, ma in qual maniera da quello che era stimato tale (fusse in verità come si volesse), o a quello, si movessero gli elementi; e così non era supponer ed investigar l’istesso, come gli imponete.

Dir poi che non sappia formar sillogismi, con altre mordacità simili, non ricerca risposta: vi dico ben che gli vostri essempi sono all’opposito, e mancate tanto di concludere contra di lui, quanto abondate di mordere. L’insegnar a sillogizare è far sillogismi di fatto, onde è impossibile a non sapergli, come chi insegna a scrivere e cantare è impossibile che non sappia cantare e scrivere, nè è simile di chi fa gli organi e di chi gli suona, di chi impara a mente regole di poetare e di dipingere con chi verseggia e dipinge; onde variate genere e procedete con sofismi, troppo indiscretamente lacerandolo. Povero Aristotile, che essendo stato sin ora supremo prencipe di filosofi, sei diventato un informe scolaretto! e già parmi vederti, di età matura e venerabile, non ad instruir gloriosamente gli Alessandri, non a legger divinamente nelle famose catedre di Atene, non a dar leggi al mondo e penetrar i più reconditi misteri della natura, ma con una cartella alla cintola, in compagnia di fanciulli, andar a scola per imparar a far sillogismi! Glorioso maestro, a chi è dato in sorte di insegnar ad un