Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/62

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54 dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo.

[Grandezze de gli orbi e velocità dei moti dei pianeti rispondono proporzionatamente all'esser discesi dal medesimo luogo.]velocità del moto convengono con quello che dal calcolo ci vien dato; ed il simile si fa della Terra, di Venere e di Mercurio, de i quali le grandezze de i cerchi e le velocità de i moti s’accostano tanto prossimamente a quel che ne danno i computi, che è cosa maravigliosa.

Sagr. Ho con estremo gusto sentito questo pensiero, e se non ch’io credo che il far quei calcoli precisamente sarebbe impresa lunga e laboriosa, e forse troppo difficile da esser compresa da me, io ve ne vorrei fare instanza.

Salv. L’operazione è veramente lunga e difficile, ed anco non m’assicurerei di ritrovarla così prontamente; però la riserberemo ad un’altra volta1, e per ora ritorneremo al nostro primo proposito, ripigliando

  1. Nell’esemplare dell’edizione originale posseduto dalla Biblioteca del Seminario di Padova, dopo le parole «ad un’altra volta», che cadono in principio della pag.23, Galileo annotò di suo pugno: «Vedi dopo la fac. 98, a questo segno †»; e dopo la pag. 98, sulla quale termina la Giornata prima del Dialogo, sono inserite, sempre in quell’esemplare, alcune carte che contengono, pur di mano di Galileo, quest’aggiunta:
      Fac. 23
      Simp. Di grazia, sia conceduto alla mia poca pratica nelle scienze matematiche dir liberamente come i vostri discorsi, fondati sopra proporzioni maggiori o minori e sopra altri termini da me non intesi quanto bisognerebbe, non mi hanno rimosso il dubbio, o, per meglio dire, l’incredulità, dell’esser necessario che quella gravissima palla di piombo di 100 libre di peso, lasciata cadere da alto, partendosi dalla quiete passi per ogni altissimo grado di tardità, mentre si vede in quattro battute di polso aver passato piú di 100 braccia di spazio: effetto che mi rende totalmente incredibile, quella in alcuno momento essersi trovata in stato tale di tardità, che continuandosi di muover con quella, non avesse nè anco in mille anni passato lo spazio di mezo dito. E pure se questo è, vorrei esserne fatto capace.
      Sagr. Il signor Salviati, come di profonda dottrina, stima bene spesso che quei termini che a se medesimo sono notissimi e familiari, debbano parimente esser tali per gli altri ancora, e però tal volta gli esce di mente che parlando con noi altri convien aiutar la nostra incapacità con discorsi manco reconditi: e però io, che non mi elevo tanto, con sua licenza tenterò di rimuover almeno in parte il signor Simplicio dalla sua incredulità con mezo sensato. E stando pure sul caso