Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/701

Da Wikisource.

di antonio rocco. 693


cavallo dal leone, il bue dal cervo, etc. Non siamo per tanto, circa le sudette opinioni, discordi: l’importanza sta nella conseguenza seconda, circa la quale se ben ho parlato ancora più avanti, non sarà però inutile supplire a quanto resta. Con questa, dunque, credete atterrar e distruggerò una delle più nobili parti della peripatetica filosofia. Se le predette stelle (inferite) sono state situate nel cielo e sono parimente state di natura- coleste, ed apparvero per un tempo e poi disparvero, dunque si erano generate novamente nell’apparire, e nel disparir si corruppero, ondo la loro natura è generabile e corruttibile, anzi di fatto generata pria e poi corrotta; sarà anco generabile e corruttibile il cielo, già che il tutto partecipa la natura e condizione, dello sue parti, massime dell’integrali, e specialmente circa questi affetti di generabilità o corruttibilità: anzi se le stelle, parti del cielo più nobili, più dense, più tenaci, e per conseguente di maggior resistenza, così facilmente si generano e si corrompono, con più agevolezza l’altre parli più ignobili, più rare, men tenaci o di minor resistenza, saranno soggette a questa variabilità; ed in somma sarà tutta la celeste machina cormttibile, non trovandosi il tutto fuor delle suo parti, nè potendosi assignar parte che non sia, per le ragioni allegate, corruttibile. Al che io rispondo che queste conseguenze non sono di alcuna necessaria illazione. E chi direbbe mai giudiziosamente: «La tal cosa si è da noi novamente vista, dunque si è novamente genorata ? si è tolta di vista, dunque si è corrotta?» è forse indistintamente l’istesso il comparire col generarsi, il disparire col dissolversi? mancano forse i modi di occultarsi senza disfacimento, e di scuoprirsi a noi senza novella nascita? Non date voi queste medesime apparizioni e nascondimenti alle stelle Medicee, senza che si generino e si corrompano, ma solamente col volgersi nell’epiciclo intorno a Giove, e col restare ora luminose dal Sole, ora dalla assenza di esso tenebrose ed invisibili?1 E per qual cagione non ci potremo imaginare altri epicicli nella sfera stellata, che con moto proprio o più tardo, in anni o secoli, raggirino le stelle che già comparvero, e poi le ascondino, e che per la tardità del moto poco ne resti osservato e conservato nelle memorie de gli uomini?postille 1 Qual diver-

  1. Ma chi è stato quello che v’ha fatto accorto che le Mediceo s’occultano e si scuoprono, altri che io? ed essendo a me notissima questa maniera di comparire e sparire, perche volete credere, che quando ella si potesse accomodare alle aparizioni ed occultazioni delle stelle nuove, io non ce l’avesse adattata?
  1. Nel citato esemplare postillato da Galileo, di fronte alle parole «Al che io rispondo... illazione» (ln. 17-18) si vede, in margine, un segno in figura di una mano, dovuto allo stesso Galileo,. Anche sui due tratti «E chi direbbe mai giudiziosamente ... il disparire col dissolversi?» e «mancano forsei modi ecc.» Galileo fermò in modo particolare la sua attenzione, e, proponendosi di farli partitamente argomento di particolari considerazioni, indicò, per sua memoria, il primo con una lettera, a, il secondo con la lettera b, segnata avanti le parole «mancano forse». Cfr. pag. 713, lin 4 e seg., e pag. 714, lin. 17 e seg.