Pagina:Le opere di Galileo Galilei VII.djvu/738

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730 esercitazioni filosofiche


10. Dalle cose dette sin qui vedete, per il vostro 10° orrore, quanto sia fuori del caso quello che soggiugnete per confermazione che noi giudicare delle pretese proporzioni di tempi e di velocità non si debba ricorrere al senso, ma alla ragione, debole e fallace, confermando ciò con l’esempio della composizione del continuo, creduta, per vostro detto, da’ matematici e dalla miglior parte de’ filosofi esser di parti infinite, le quali in verun modo possono  1 esser comprese dal senso, ma a pena dall’intelletto, e non senza qualche repugnanza. Lascio stare che al vostro intento meglio e più sicuramente quadrava la incommensurabilità delle linee che la loro composizione di parti infinite, per esser quella totalmente incomprensibile dal senso, non meno che l’infinità delle parti, ma bene all’intelletto comprensibilissima, e per chiare e necessarie dimostrazioni resa certa; dove che l’infinità delle parti anco all’intelletto è grandemente ambigua. Imperò che se vogliamo che le parti componenti siano quante, è impossibile che siano infinite, perchè infinite parti quante fanno estensione infinita, e non una linea terminata; e se la vorrete  2 compor di punti, cioè di parti non quante, che così potrebbono esser infinite, vi leverete su voi con Aristotele con esclamazioni sino alle stelle. Ma siano quante o non quante, finite o infinite, comprese o non comprese dal senso o dall’intelletto, non capisco come tal cosa possa accomodarsi a rendere il vostro senso inabile a conoscere se due mobili cadenti dall’altezza di 100 braccia percuotano in Terra nell’istesso punto, o pur l’uno resti in dietro 99 braccia quando l’altro arriva in Terra, come ha scritto Aristotile e voi volete  3 veramente sostenere; e dite aver fatto vedere, se non a pieno almeno a porzione (a proporzione si dice), con materie men terree o men pesanti, come sono tavole, a un certo mio parziale  4 l’effetto, e corroborata la dottrina di Aristotile. Ma poco avete voi corroborata questa dottrina, mentre che Aristotile parla in generale, senza restringersi più ad una che ad un’altra materia, purchè nel resto de’ mobili l’altre cose sien pari  5, cioè le figure siano simili; nè distingue le palle dai dadi nè dalle tavole, e sopra tutto dice l’effetto comprendersi con la vista, nè, che io sappia, già mai ne adduce ragione, alla quale crederei pienamente poter rispondere, non potendo ella, come di conclusione falsa, essere concludente.

  1. modo non possono, M
  2. la vorremo, M
  3. e voi volete vanamente, M, L
  4. a certi mia parziali, V; a certo mio parziale, L. Cfr. pag. 688, lin. 4-5.
  5. nel resto delle altre cose i mobili siano pari, M. L