Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/11

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avvertimento. 13

polo, che si trovava in Germania al servizio dell’Imperatore. Infatti in una sua lettera a Galileo del 4 gennaio 1635, dopo aver toccato dei travagli ai quali aveva dato occasione la pubblicazione del Dialogo, accennando al «libro del moto» il Pieroni scrive: «e perchè m’è venuto pensiero che V. S. in publicarlo possa forse avere qualche difficultà o rispetto, ho risoluto di significarle che, se li paressi bene ed a proposito che si stampassi qua in qualche città, potrebbe questo venirli fatto molto facilmente, se ella volessi fidarsi a mandarlo a me; perchè, senza alcuna briga nè spesa di V. S., io mi prenderei volentieri l’assunto di ciò, e lo farei stampare di buon carattere, con le figure e forma che ella m’imponessi, puntualmente1». Ma, prima ancora che questa lettera giungesse a Galileo, egli aveva interpellato il Micanzio intorno alla possibilità di stampare i Dialoghi in Venezia, e ne aveva avuto in risposta che non credeva si sarebbero incontrate difficoltà2; e con tale affidamento incominciò a mandarne dei fogli, i quali furono accolti dal Micanzio con quell’entusiasmo, nel quale può dirsi ch’egli non sia stato superato da alcuno degli ammiratori del sommo filosofo3. E anche della stampa dei medesimi Dialoghi pare che Galileo avesse personalmente trattato con Pietro Carcaville, consigliere al parlamento di Tolosa, nella occasione in cui questi gli si era profferto di far curare la pubblicazione in Francia di una raccolta di tutte le Opere di lui, prendendo sopra di sè la spesa relativa4: nè è fuori di luogo il pensare che Galileo, valendosi della mediazione e degli ufficii d’un suo parente che viveva a Lione, avesse anco agitato il partito di farli stampare colà5.

In mezzo a questi varii tentativi, il Nostro andava riducendo al netto e trascrivendo l’Opera sua 6, del cui definitivo compimento giungeva notizia anche al Cavalieri 7.

L’aver Galileo saggiato da diverse parti il terreno per la stampa dei Dialoghi sta a dimostrare com’egli avesse concepito il sospetto di difficoltà che si sarebbero sollevate contro tale pubblicazione: e che questo sospetto fosse fondato, lo prova un’informazione mandatagli dal Micanzio, il quale, volendo far ristampare la scrittura sulle Galleggianti, ed avendone conferito con l’Inquisitore di Venezia, n’aveva avuto in risposta, esservi <espressa comissione da Roma in contrario>, e che vi era «divieto generale de editis omnibus et edendis 8 . E poichè qualche


  1. Mss. Gal., Par. VI, T. XII, car. 107.
  2. Lettera di Fulgenzio Micanzio a Galileo del 6 gennaio 1635 (Bibl. Estense di Modena, Autogr Campori, Busta LXXX, 116).
  3. Lettere del Micanzio a Galileo del 27 gennaio e 3 Febbraio 1635 (Mss. Gal., Par. VI. T. XII, car. 111, 113) Dal Micanzio ebbe comunicazione di tali fogli anche Paolo Aproino (cit. lettera di questo a Galileo del 3 marzo 1635).
  4. Lettere di Pietro Carcaville a Galileo del 28 gennaio, 3 aprile, 6 luglio e 26 ottobre 1635 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 109; Par. VI, T. XII, car. 142, 154, 173).
  5. Lettera di Roberto Galilei a Galileo del 19 marzo 1635 (Bibl. Nazionale di Firenze, filza Favaro A, car. 82).
  6. Lettera di Pier Battista Borghi a Galileo del 9 febbraio 1635 (Mss. Gal., Par. I, T. XI, car. 111); e lettera di Galileo ad Elia Diodati del 15 marzo 1635 (Mss. Gal., Par. V, T. VI, car. 270).
  7. Lettera di Bonaventura Calalieri a Galileo del 24 giugno 1635 (Mss. Gal., Par.VI, T. XII, car. 160).
  8. Lettera del 10 febbraio 1635 (Mss.Ga1., Par. VI, T. XII, car. 119).