Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/144

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alla sottigliezza della corda, con più verità deve attribuirsi al peso. Imperò che l’alterazione presa dalla grossezza risponde quando le corde siano della medesima materia: e così una minugia per far l’ottava deve esser più grossa quattro volte dell’altra pur di minugia; ed una d’ottone, più grossa quattro volte d’un’altra d’ottone: ma s’io vorrò far l’ottava con una d’ottone ad una di minugia, non si ha da ingrossar quattro volte, ma sì ben farla quattro volte più grave; sì che, quanto alla grossezza, questa di metallo non sarà altrimenti quattro volte più grossa, ma ben quadrupla in gravità, che tal volta sarà più sottile che la sua rispondente all’ottava, più acuta, che sia di minugia: onde accade che incordandosi un cimbalo di corde d’oro ed un altro d’ottone, se saranno della medesima lunghezza, grossezza e tensione, per esser l’oro quasi il doppio più grave, riuscirà l’accordatura circa una quinta più grave. E qui notisi come alla velocità del moto più resiste la gravità del mobile che la grossezza, contro a quello che a prima fronte altri giudicherebbe; che ben pare che, ragionevolmente, più dovesse esser ritardata la velocità dalla resistenza del mezzo all’esser aperto in un mobile grosso e leggiero, che in uno grave e sottile; tuttavia in questo caso accade tutto l’opposito. Ma seguitando il primo proposito, dico che non è la ragion prossima ed immediata delle forme de gl’intervalli musici la lunghezza delle corde, non la tensione, non la grossezza, ma sì bene la proporzione de i numeri delle vibrazioni e percosse dell’onde dell’aria che vanno a ferire il timpano del nostro orecchio, il quale esso ancora sotto le medesime misure di tempi vien fatto tremare. Fermato questo punto, potremo per avventura assegnar assai congrua ragione onde avvenga che di essi suoni, differenti di tuono, alcune coppie siano con gran diletto ricevute dal nostro sensorio, altre con minore, ed altre ci feriscano con grandissima molestia; che è il recar la ragione delle consonanze più o men perfette e delle dissonanze. La molestia di queste nascerà, credo io, dalle discordi pulsazioni di due diversi tuoni che sproporzionatamente colpeggiano sopra ’l nostro timpano, e crudissime saranno le dissonanze quando i tempi delle vibrazioni fussero incommensurabili; per una delle quali