Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/276

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cioè che le massime e le minime vibrazioni si fanno tutte a una a una sotto tempi eguali, e che l’impedimento e ritardamento dell’aria non opera più ne i moti velocissimi che ne i tardissimi; contro a quello che pur dianzi pareva che noi ancora comunemente giudicassimo.

SAGR. Anzi, perché non si può negare che l’aria impedisca questi e quelli, poi che e questi e quelli vanno languendo e finalmente finiscono, convien dire che tali ritardamenti si facciano con la medesima proporzione nell’una e nell’altra operazione. Ma che? l’avere a far maggior resistenza una volta che un’altra, da che altro proced’egli fuor che dall’esser assalito una volta con impeto e velocità maggiore, ed un’altra con minore? E se questo è, la quantità medesima della velocità del mobile è cagione ed insieme misura della quantità della resistenza. Adunque tutti i moti, siano tardi o veloci, son ritardati e impediti con l’istessa proporzione: notizia, par a me, non disprezzabile.

SALV. Possiam per tanto anco in questo secondo caso concludere, che le fallacie nelle conclusioni le quali astraendo da gli accidenti esterni si dimostreranno, siano ne gli artifizii nostri di piccola considerazione, rispetto a i moti di gran velocità, de i quali per lo più si tratta, ed alle distanze, che non sono se non piccolissime in relazione alla grandezza del semidiametro e de i cerchi massimi del globo terrestre.

SIMP. Io volentieri sentirei la cagione per la quale V. S. sequestra i proietti dall’impeto del fuoco, cioè, come credo, dalla forza della polvere, da gli altri proietti con frombe archi o balestre, circa ’l non essere nell’istesso modo soggetti all’alterazione ed impedimento dell’aria.

SALV. Muovemi l’eccessiva e, per via di dire, furia soprannaturale con la quale tali proietti vengono cacciati; ché bene anco fuora d’iperbole mi par che la velocità con la quale vien cacciata la palla fuori d’un moschetto o d’una artiglieria, si possa chiamar sopranaturale. Imperò che, scendendo naturalmente per l’aria da qualche altezza immensa una tal palla, la velocità sua, mercé del contrasto dell’aria, non si andrà accrescendo perpetuamente: ma quello che ne i cadenti poco gravi si vede in non molto spazio accadere, dico di ridursi finalmente a un moto equabile, accaderà ancora, dopo la