Pagina:Le opere di Galileo Galilei VIII.djvu/286

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tempi e di impeti, siaci proposto di dover determinare, nell’assegnato spazio e altezza ac, quanto sia per essere il tempo della scesa del cadente da l’a in c, e quanto l’impeto che in esso termine c si troverà avere acquistato, in relazione al tempo ed all’impeto misurati per la ab. L’uno e l’altro quesito si determinerà pigliando delle due linee ac, ab la media proporzionale ad; affermando, il tempo della caduta per tutto lo spazio ac esser quanto il tempo ad in relazione al tempo ab, posto da principio per la quantità del tempo nella scesa ab. Diremo parimente, l’impeto o grado di velocità che otterrà ’l cadente nel termine c, in relazione all’impeto che ebbe in b, esser quale è la medesima linea ad in relazione alla ab, essendo che la velocità cresce con la medesima proporzione che cresce il tempo: la qual conclusione se ben fu presa come postulato, pur tuttavia volse l’Autore esplicarne l’applicazione di sopra, alla Proposizion terza.

Ben compreso e stabilito questo punto, venghiamo alla considerazione dell’impeto derivante da 2 moti composti; uno de i quali sia composto dell’orizontale e sempre equabile, e del perpendicolare all’orizonte e esso ancora equabile; ma l’altro sia composto dell’orizontale, pur sempre equabile, e del perpendicolare naturalmente accelerato. Se amendue saranno equabili, già s’è visto come l’impeto resultante dalla composizione di amendue è in potenza equale ad amendue, come per chiara intelligenza esemplificheremo così.

Intendasi, il mobile descendente per la perpendicolare ab aver, per esempio, 3 gradi d’impeto equabile, ma, trasportato per la ab verso c, esser tal velocità ed impeto di 4 gradi, sì che nel tempo medesimo che scendendo passerebbe nella perpendicolare, v. g., 3 braccia, nella orizontale ne passerebbe 4: ma nel composto di amendue le velocità viene, nel medesimo tempo, dal punto a nel termine c, caminando sempre per la diagonale ac, la quale non è lunga 7, quanto sarebbe la composta delle 2, ab 3 e bc 4, ma è 5; la qual 5 è in potenza equale alle due 3 e 4. Imperò che, fatti li quadrati del 3 e del 4, che sono 9 e 16, e questi congiunti insieme, fanno 25 per il quadrato di ac, il quale alli due quadrati di ab e di bc è eguale; onde la ac sarà quanto è il lato, o vogliam dir la radice, del quadrato 25, che è 5. Per regola dunque ferma e sicura, quando