Pagina:Le poesie di Catullo.djvu/9

Da Wikisource.
Vai alla navigazione Vai alla ricerca

trad. da Mario Rapisardi 9

   25Cose andate son queste: ora in recondita
   Quiete invecchia, e a te, gemino Castore,
   A te, gemel di Castore, si dedica.


5



Godiamo, o Lesbia, mia Lesbia, amiamo,
   E de’ più rigidi vecchi i rimproveri
   3Meno d’un misero asse stimiamo.

Tramontar possono gli astri e redire:
   Noi, quando il tenue raggio dileguasi,
   6Dobbiam perpetua notte dormire.

Baciami, baciami, vuo’ che mi baci;
   A cento scocchino, a mille piovano
   9Qui su quest’avida bocca i tuoi baci.

E poi che il numero sfugge a noi stessi,
   Baciami, baciami, sì che l’invidia
   12Non frema al còmputo de’ nostri amplessi.


6


Se rozzo e ignobile il tuo trastullo
   Non fosse, o Flavio, tu, non che tacito,
   3Saresti garrulo col tuo Catullo.