Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
32 | PRIMA |
Il tempo passa, et l’ore son sì pronte
A fornir il viaggio,
Ch’assai spazio non aggio
20Pur a pensar, com’io corro a la morte.
A pena spunta in Oriente un raggio
Di Sol; ch’a l’altro monte
Dell’avverso orizzonte
Giunto il vedrai per vie lunghe, e distorte.
25Le vite son sì corte,
Sì gravi i corpi, e frali
Degli uomini mortali;
Che quando io mi ritrovo dal bel viso
Cotanto esser diviso,
30Col desio non possendo mover l’ali;
Poco m’avanza del conforto usato:
Nè so quant’io mi viva in questo stato.
Ogni loco m’attrista ov’io non veggio
Quei begli occhi soavi
35Che portaron le chiavi
De’ miei dolci pensier mentre a Dio piacque:
E perchè ’l duro esilio più m’aggravi;
S’io dormo, o vado, o seggio;
Altro giammai non cheggio;
40E ciò ch’i’ vidi dopo lor, mi spiacque.
Quante montagne, ed acque,
Quanto mar, quanti fiumi
M’ascondon que’ duo lumi
Che quasi un bel sereno a mezzo ’l die
45Fer le tenebre mie,
Acciò che ’l rimembrar più mi consumi;
E quant’era mia vita allor gioiosa,
M’insegni la presente aspra, e noiosa.
Lasso, se ragionando si rinfresca
50Quel’ardente desio
Che nacque il giorno ch’io
Lassai di me la miglior parte addietro;