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PARTE | 43 |
70Nè so ben'anco che di lei mi creda.
Canzon; se l’esser meco
Dal mattino alla sera
t’ha fatto di mia schiera;
tu non vorrai mostrarti in ciascun loco:
75et d’altrui loda curerai sì poco,
ch’assai ti fia pensar di poggio in poggio,
come m’ha concio ’l foco
di questa viva petra, ov’io m’appoggio.
SONETTO XLII.
La luce che da lunge gli abbarbaglia:
Che, come vide lei cangiar Tessaglia,
4Così cangiato ogni mia forma avrei:
E s’io non posso trasformarmi in lei
Più ch’i’ mi sia, non ch’a mercè mi vaglia;
Di qual pietra più rigida s’intaglia,
8Pensoso ne la vista oggi sarei;
O di diamante, o d’un bel marmo bianco
Per la paura forse, o d’un diaspro
11Pregiato poi dal volgo avaro, e sciocco:
E sarei fuor del grave giogo, ed aspro;
Per cu' i’ ho invidia di quel vecchio stanco
14Che fa con le sue spalle ombra a Marrocco.