Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/17

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poi, ancorachè prima quel buon Re morisse. Ma era il Petrarca più della virtute, che della fortuna degli uomini amatore, e però non si dimenticò la promessa. Sul partire suo da Napoli, il Re gli disse che, se così vecchio stato non fosse, gli avria volentieri fatto compagnia, per trovarsi in quella festa in Roma. Ma poi ch’andare non vi potea, vi mandò alcuni personaggi, e scrisse in raccomandazione di M. Francesco al Senatore di Roma, ed a quei Signori con largo testimonio della sua virtute. Giunto in Roma il Petrarca, essendo Senatore il Signor’ Orso dell’Anguillara, suo amorevolissimo, e conoscente, e dovendo tosto finire il magistrato; per coronarlo di sua mano, si ordinò1 che nelle feste della Pasqua di Resurrezione, che venne alli 8. d’Aprile del detto anno 1341. si facesse la coronazione; della qual vista tutta Roma era desiderosa. Onde con gran concorso, ed allegrezza si fece in Campidoglio: di che esso scrive in più luoghi, e nei versi Latini, e nelle Prose. Dopo che portò, o mandò quella corona a S Pietro; la quale ivi fu conservata molti anni.

Questa cosa a M. Francesco portò gloria, ed invidia; la qual sempre nelle cose virtuose si mescola volentieri; ed esso medesimo lo ricorda dicendo2: Hac laurea hoc mihi prastitit, ut noscerer, ac vexarer. ed altrove: Hæc laurea scientiæ nihil, invidiæ vero * mihi quæsivit. La qual’invidia, o malignità più tosto, fino a’ nostri giorni ha steso le radici. Imperocchè non ha molti anni che fu data al-

  1. Nelle famil. Ep. 54. e 56.
  2. Nelle sen. lib. 17. Ep. 2. col. pen. ad post.