Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/197

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    E doglia, e morte dentro a gli occhi porta:
    35Molto convene accorta
    Esser qual vista mai ver’ lei si giri:
    Pur che gli occhi non miri,
    L’altro puossi veder securamente.
    Ma io incauto dolente
    40Corro sempre al mio male; e so ben quanto
    N’ho sofferto, e n’aspetto: ma l’ingordo
    Voler ch’è cieco, e sordo,
    Sì mi trasporta, che ’l bel viso santo,
    E gli occhi vaghi fien cagion ch’io pera,
    45Di questa fera, angelica, innocente.
Surge nel mezzo giorno
    Una fontana, e tien nome del Sole;
    Che per natura sole
    Bollir le notti, e ’n sul giorno esser fredda;
    50E tanto si raffredda,
    Quanto ’l Sol monta, e quanto è più da presso;
    Così avven' a me stesso;
    Che son fonte di lagrime, e soggiorno:
    Quando ’l bel lume adorno,
    55Ch’è ’l mio Sol, s’allontana; e triste, e sole
    Son le mie luci; e notte oscura è loro;
    Ardo allor: ma se l’oro.
    E i rai veggio apparir del vivo Sole;
    Tutto dentro, e di for sento cangiarme,
    60E ghiaccio farme; così freddo torno.
Un’altra fonte ha Epiro;
    Di cui si scrive, ch’essendo fredda ella,
    Ogni spenta facella
    Accende; e spegne qual trovasse accesa.
    65L’anima mia, ch’offesa
    Anchor non era d’amoroso foco;
    Appressandosi un poco
    A quella fredda ch’io sempre sospiro,
    Arse tutta; e martiro


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