Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/236

Da Wikisource.

P A R T E. 153

Dal dì che la mammella
35Lasciai, fi che si svella
Da me l’alma: adorar: forse e ’l farei.
Ma s’io nol dissi; chi sì dolce apria
Mio cor' a speme ne l’età novella,
Regga ancor questa stanca navicella
40Col governo di sua pietà natia;
Nè diventi altra; ma pur qual solìa
Quando più non potei,
Che me stesso perdei,
Nè più perder devrei.
45Mal fa chi tanta fe’ sì tosto obblia.
Io nol dissi giammai, nè per dir poria
Per oro, o per cittadi, o per castella:
Vinca ’l ver dunque, e si rimanga in sella,
E vinta a terra caggia la bugia.
50Tu sai in me il tutto, Amor: s’ella ne spia,
Dinne quel che dir dei:
I’ beato direi
Tre volte, e quattro, e sei
Chi devendo languir, si morì pria.
55Per Rachel' ho servito, e non per Lia:
Nè con altra saprei
Viver, e sosterrei,
Quando ’l ciel ne rappella,
Girmen con ella in sul carro d' Elia.


CANZONE XXXV.


B
En mi credea passar mio tempo omai,

Come passato avea quest’anni addietro,
Senz’altro studio, e senza novi ingegni:
Or; poi che da Madonna i’ non impetro
5L’usata aita; a che condutto m’hai,
Tu ’l vedi, Amor; che tal' arte m’insegni.
Non so, s’i’ me ne sdegni;