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P A R T E . 185

SONETTO CCXXI.


C
Ercato ho sempre solitaria vita

     (Le rive il sanno, e le campagne, e i boschi)
     Per fuggir quest’ingegni sordi, e loschi,
     4Che la strada del Ciel’hanno smarrita;
E se mia voglia in ciò fosse compita,
     Fuor del dolce aere de’ paesi Toschi
     Ancor m’avria tra suoi bei colli foschi
     8Sorga; ch’a pianger, e cantar m’aita.
Ma mia fortuna a me sempre nemica
     Mi risospigne al loco ov’io mi sdegno
     11Veder nel fango il bel tesoro mio:
Alla man’ond’io scrivo è fatta amica
     A questa volta: e non è forse indegno:
     14Amor se vide, e sal Madonna, e io.



SONETTO CCXXII.


I
N tale stella duo belli occhi vidi

     Tutti pien’d’onestate, e di dolcezza,
     Che presso a quei d’Amor leggiadri nidi
     4Il mio cor lasso ogni altra vista sprezza.
Non si pareggi a lei qual più s’aprezza
     In qualch’etade, in qualche strani lidi:
     Non chi recò con sua vaga bellezza
     8In Grecia affanni, in Troia ultimi stridi:
Non la bella Romana che col ferro
     Apre il suo casto, e disdegnoso petto:
     11Non Polissena, Issifile, e Argìa,
Questa eccellenza è gloria (s’i’ non erro)
     Grande a Natura, a me sommo diletto:
     14Ma che? vien tardo, e subito va via.