Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/282

Da Wikisource.

PARTE 199

L’arme tue furon gli occhi, onde l’accese
     Saette uscivan d’invisibil foco,
     E ragion temean poco;
     Che contra ’l ciel non val difesa umana;
     80Il pensar’, e ’l tacer’; il riso, e ’l gioco;
     L’abito onesto, e ’l ragionar cortese;
     Le parole che ’ntese
     Avrian fatto gentil d’alma villana;
     L’angelica sembianza, umile, e piana,
     85Ch’or quinci, or quindi udia tanto lodarsi;
     E ’l sedere, e lo star, che spesso altrui
     Poser’in dubbio, a cui
     Devesse il pregio di più laude darsi.
     Con quest’arme vincevi ogni cor duro:
     90Or se tu disarmato; i’ son securo.
Gli animi ch’al tuo regno il cielo inchina,
     Leghi ora in uno, ed or’in altro modo;
     Ma me sol’ad un nodo
     Legar potei; chè ’l ciel di più non volse.
     95Quell’uno è rotto; e ’n libertà non godo:
     Ma piango, e grido: Ahi nobil pellegrina,
     Qual sentenza divina
     Me legò inanzi, e te prima disciolse?
     Dio, che sì tosto al mondo ti ritolse,
     100Nè mostrò tanta, e sì alta virtute
     Solo per infiammar nostro desio.
     Certo omai non tem’io,
     Amor, della tua man nove ferute.
     Indarno tendi l’arco: a voto scocchi:
     105Sua virtù cadde al chiuder de’ begli occhi.
Morte m’ha sciolto, Amor, d’ogni tua legge;
     Quella che fu mia Donna, al Cielo è gita.
     Lasciando trista, e libera mia vita.