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P A R T E . 223

SONETTO CCLXXVI.


T
Ranquillo porto avea mostrato Amore

     A la mia lunga et torbida tempesta
     Fra gli anni de la età matura honesta
     4Che i vicii spoglia, et vertù veste et honore.
Già traluceva a’ begli occhi il mio core,
     Et l’alta fede non più lor molesta.
     Ahi Morte ria, come a schiantar se’ presta
     8Il frutto de molt’anni in sì poche hore!
Pur vivendo veniasi ove deposto
     In quelle caste orecchie avrei parlando
     11De’ miei dolci pensier’ l’antiqua soma;
Et ella avrebbe a me forse resposto
     Qualche santa parola sospirando,
     14Cangiati i volti, et l’una et l’altra coma.



SONETTO CCLXXVII.


A
L cader d’una pianta che si svelse

     Come quella che ferro o vento sterpe,
     Spargendo a terra le sue spoglie excelse,
     4Mostrando al sol la sua squalida sterpe,
Vidi un’altra ch’Amor obiecto scelse,
     Subiecto in me Callïope et Euterpe;
     Che ’l cor m’avinse, et proprio albergo felse,
     8Qual per trunco o per muro hedera serpe.
Quel vivo lauro ove solean far nido
     Li alti penseri, e i miei sospiri ardenti,
     11Che de’ bei rami mai non mossen fronda,
Al ciel traslato, in quel suo albergo fido
     Lasciò radici, onde con gravi accenti
     14È anchor chi chiami, et non è chi responda.