Erodoto di greca istoria padre
Vidi, e dipinto il nobil geometra
Di triangoli e tondi e forme quadre;
E quel che ’nver di noi divenne petra,
Porfirio, che d’acuti silogismi
Empié la dïalettica faretra
Facendo contra ’l vero arme i sofismi;
E quel di Coo che fe’ vie miglior l’opra,
Se bene intesi fusser gli aforismi.
Apollo et Esculapio gli son sopra,
Chiusi ch’a pena il viso gli comprende,
Sì par che i nomi il tempo limi e copra.
Un di Pergamo il segue, e in lui pende
L’arte guasta fra noi, allor non vile,
Ma breve e ’scura; e’ la dichiara e stende.
Vidi Anasarco intrepido e virile,
E Senocrate più saldo ch’un sasso
Che nulla forza volse ad atto vile;
Vidi Archimede star col viso basso
E Democrito andar tutto pensoso
Per suo voler di lume e d’oro casso;
Vidi Ippia, il vecchiarel che già fu oso
Dir: - Io so tutto, - e poi di nulla certo
Ma d’ogni cosa Archesilao dubbioso;
Vidi in suoi detti Eraclito coverto,
E Dïogene cinico in suo’ fatti,
Assai più che non vuol vergogna, aperto;
E quel che lieto i suoi campi disfatti
Vide e deserti, d’altre merci carco,
Credendo averne invidïosi patti.
Ivi era il curïoso Dicearco,
Ed in suo’ magisteri assai dispari
Quintilïano e Seneca e Plutarco.
Vidivi alquanti ch’han turbati i mari
Con venti avversi e con ingegni vaghi,
Non per saver ma per contender chiari,