Vai al contenuto

Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/405

Da Wikisource.
322 DEL TRIONFO

Ma li angeli ne son lieti, e contenti
     Di veder de le mille parti l’una,
     60Et in ciò stanno desiosi, e ’ntenti....
O mente vaga, al fin sempre digiuna!
     A che tanti penseri? Un’ora sgombra
     Quel che ’n molt’anni a pena si raguna.
Quel che l’anima nostra preme, e ’ngombra,
     65Dianzi, adesso, ier, diman, mattino, e sera,
     Tutti in un punto passeran, com’ombra;
Non avrà loco fu, sarà, nè era,
     Ma è solo, in presente, et ora et oggi,
     E sola eternità raccolta, e ’ntera.
70Quasi spianati dietro, e innanzi poggi,
     Ch’occupavan la vista! e non fia in cui
     Vostro sperar’, e rimembrar s’appoggi:
La qual varietà fa spesso altrui
     Vaneggiar sì, che ’l viver par un gioco,
     75Pensando pur: Che sarò io? che fui?
Non sarà più diviso a poco a poco,
     Ma tutto inseme; e non più state o verno,
     Ma morto ’l tempo, e variato il loco:
E non avranno in man gli anni ’l governo
     80De le fame mortali; anzi chi fia
     Chiaro una volta, fia chiaro in eterno.
O felici quelle anime che ’n via
     Sono, o saranno di venire al fine
     Di ch’io ragiono; quandunque e’ si sia!
85E tra l’altre leggiadre, e pellegrine,
     Beatissima lei che Morte ancise
     Assai di qua dal natural confine!
Parranno allor l’angeliche divise,
     E l’oneste parole, e i pensier casti
     90Che nel cor giovenil Natura mise.
Tanti volti, che ’l Tempo, e Morte han guasti,
     Torneranno al suo più fiorito stato;
     E vedrassi ove, Amor, tu mi legasti: