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Pagina:Le rime di M. Francesco Petrarca I.djvu/444

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FIn che la mia man deStra LuSato offizio al gran voler alanima diSdica Poi se già mai percote famosa al mando di a quella altera di virtù-» te amica Gli orecchi vostri quella colatore ceti quellal- tre note Direte il fervo mio più la non potè Dirai Dite! mio fervo vuol più» ma non potè vel vuol ma più ( Hi e placet )»»/ Gli orecchi e quella mia dolce nemica Quella collaltre fimiglianti note Dira cortei vorria. tei vuol ben ma pià non potè {Hic placet) 9. tiovemb, 1 336 ’eincapi hic f:ribere. Refpinfio mia ad an-<m miffnm de Parifiie, Vide tamen adbuc. Più volte il di mi fo vermiglio, & folco Penfaado ale noiole afpre catene, Di che 1 mondo rninvolve, & mi ritene. Chi non polla venire ad «(Ter vo r co "Chi pur 3I mio vedere fragile, & lofeo. I Avea nele man vc/lre alcuna fpene. Et poi dicea fe vita mi foileneTempo fia di tornarfi alaere tofeo • Dambedue que confin fon oggi in bande. Chogni vii fiumicel me gran diftjrbo. Et qui fon fervo liberta fognando. Ne di lauro corona > ma du;i forbo • Mi grava in giù la fronte • or vadimando. Sei voftro al mio non e ben fimi! morbo. Rimi Petrarca. Q Ser