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LE SELVE ARDENTI 39

— Io dico che lì dentro brucia certamente qualche corno di compare Belzebù — rispose l’indian-agent.

— E voi, Harry?

— Uhm! Io credo invece che sia la punta della coda del diavolo invece di un corno — rispose lo scorridore.

— E voi, Giorgio?

— Io vedo che la luce non manca e non mi rompo la testa a cercare chi la produce. Non lo sa nemmeno l’indiana; quindi contentiamoci di vederci bene in viso.

— Ecco un segreto che io vorrei conoscere: — disse il signor Devandel. — È una lampada meravigliosa che farebbe impazzire anche gli scenziati. —

Mentre si scambiavano quelle parole a voce altissima, poichè il rombo della rapida dominava l’immensa sala facendo vibrare perfino le solide pareti di granito, la giovane indiana con fischi stridenti aveva messo in fuga un paio di dozzine di coyotes ed un vecchio orso grigio, il quale si era addormentato tranquillamente ai piedi di un sakem.

— Fra poco verranno — disse accostandosi a John.

― Chi? — domandò l’indian-agent.

― I due visi pallidi.

― Sarei ben curioso di conoscerli.

― Mio fratello bianco li vedrà. Seguimi verso quella finestra, dalla quale possiamo dominare la rapida.

— S’avventurano sulla cateratta? — chiese John, facendo un gesto di stupore.

― Quasi.

— E approdano sull’isolotto.

— Qualche volta.

― E non hanno paura delle belve?

― Non pare, poichè di quando in quando mi uccidono un cervo od un wapiti, od un bisonte e perfino qualche orso.

― Chi possono essere questi arrabbiati cacciatori, John? — chiese il signor Devandel.

— Me lo sono domandato io stesso e non ho trovato nessuna risposta soddisfacente.

― Perchè degli uomini bianchi si trovino qui, ora che gli Sioux sono emigrati, e si mostrino furibondi contro gli americani che non hanno la pelle rossa o ramigna, devono avere un motivo ben grave.

— Rispondete ad una mia domanda, signor Devandel.

— Parla, John.

Il generale Miles non ha ricevuto l’ordine di dare la caccia a queste