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516 le strade ferrate

rami, l’uno scorre longitudinalmente la valle del Po, tra l’Alpe ed il fiume, facendo capo a Venezia; l’altro svolgesi al piede dell’Apennino, costeggiando, prima il Po, indi l’Adriatico e facendo capo ad Otranto; ed il terzo dal confine francese per Genova, Livorno, Roma e Napoli si allungherebbe oltre lo stretto a rannodare al continente Messina, Catania e Palermo. Dei due grandi gruppi, il primo servirebbe a collegare fra di loro di tratto in tratto gli accennati tre rami, ed il secondo alle communicazioni internazionali coi paesi oltrealpini.

Oramai è inutile l’argomentare intorno al miglior andamento della gran via della valle di Po, dacchè trovasi da alcuni anni ultimata ed esercita. È un fatto compiuto e di troppa rilevanza economica, per non doverlo accettare in tutta la sua estensione. Il tempo forse potrà rimediare allo sconcio di serpeggiamenti inutili od almeno perniciosi al grande commercio, quali le sinuosità di Santhià e di Bergamo. Dal confine francese al Moncenisio tra Modàne e Bardonnéche, proprio dal punto culminante intermedio del gran traforo dell’Alpe con tanto ardire intrapreso dal piccolo Piemonte, scende la ferrata per la tortuosa valle della Dora-Riparia con pendenze risentite da Susa fino a Torino. Di là procede in continua pianura fino a Venezia, toccando Vercelli, Novara, Milano, Brescia, Verona, Vicenza e Padova, e traversando la parie più ricca, più colta e più popolata del Piemonte, della Lombardia e del Veneto. Il suo sviluppo, ammessa la correzione della sinuosità di Bergamo colla sostituzione di una linea da Treviglio a Palazzolo, è di chilometri 497, dei quali la parte piemontese concessa alla Società Vittorio Emanuele è di chilometri 205, restando la residua parte di ragione della Società Lombardo-Veneta e dell’Italia Centrale.

Il secondo ramo o linea dell’Adriatico staccasi dal primo a Torino, spingesi ad Alessandria seguendo la valle del Tanaro tra i viniferi colli del Monferrato, per Tortona e Voghera giunge a Piacenza, segue la via Emilia per Parma, Reggio, Modena, Bologna, Faenza, Forlì, Rimini, Pesaro e Sinigaglia fino ad Ancona, Ivi, dopo girato a tergo il monte Conero, riprenderebbe la linea del mare per Pescara e Termoli e di là si spingerebbe a Foggia schivando il promontorio del Gargano d’onde per Barletta, Trani, Molfelta, Bari, Brindisi e Lecce, raggiungerebbe ad Otranto l’ultimo sperone