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FUSI E FILA 89


Massimo, sorpreso, commosso, seppe dire solamente:

«Grazie, ma...»

«Pensa» continuò donna Fedele, come se non avesse udito il ma, «che il signor Alberti oggi ha avuto la bontà di venire al villino e io, che avevo tanto in mente, fino da ieri sera, d’invitarlo, non gli ho detto niente, distratta come sono. Stasera sono venuta invece di scrivere, perchè, tanto, ho dovuto andare ad Arsiero e avevo la carrozza. Adesso è tardi e vado.»

Abbracciò ancora Lelia, strinse la mano al signor Marcello, la stese a Massimo dicendogli col suo sorriso dolcissimo e con un lieve piegar del mento al seno:

«Alle sette.»

«Per un giorno» disse il signor Marcello, lietamente, «concediamo.»

Donna Fedele uscì con Lelia che l’accompagnò fino alla carrozza, rimasta fuori del cancello grande.


Massimo si acquietò all’idea di rinunciare, almeno per l’indomani, alla partenza, persuadendosi che n’era contento perchè ne sarebbe stato contento don Aurelio. Il signor Marcello se lo fece sedere vicino sul terrazzo, gli posò una mano sulla spalla, ve l’aggrappò.

«Caro Alberti» diss’egli, sospirando. Il giovine gli prese l’altra mano con ambedue le proprie, rispose:

«Non dimentico, sa.»

La vecchia mano strinse, convulsa, le giovani. Seguì un lungo silenzio. Non si udivano passi sulla ghiaia. Il signor Marcello guardò nel salone. Non c’era nessuno.

«Le avrà parlato, vero» diss’egli a voce bassa, «della famiglia di Lelia?»

Massimo, sulle prime non si raccapezzò, non intese a chi alludesse il suo interlocutore. Poi, colpito, esclamò:

«Ah, sì, più volte.»

«E cosa Le diceva, proprio?»