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FORBICI 159

non intendeva accettare la sua eredità, la Montanina sarebbe pur sempre andata, malgrado il matrimonio, in altre mani. Egli rispose che, appena Lelia e Alberti si fossero fidanzati, avrebbe mutato il testamento e legata la villa ad Alberti.

«Speriamo» disse donna Fedele alzandosi e ritornando al suo abituale sorriso «che tutto vada bene. Dopo che avrò parlato con Lelia, La trovo qui?»

«Sì, mi trova qui. Scommetto ch’Ella pensa: Come mai è tanto attaccato, questo vecchio, alla sua casa? Come mai pretende di possederla ancora, in qualche modo, quando....»

Donna Fedele lo interruppe: «no no, zitto zitto!»

E uscì dello studio. Il signor Marcello prese una Bibbia che aveva sempre sul tavolo, vi rilesse il capitolo decimottavo del Libro Primo dei Re, il Capitolo delle anime compenetrate di David e di Jonathan. Fanciullo ancora, egli aveva pianto sul fato del nobile principe Jonathan, il suo eroe prediletto. Rilesse le pagine mirabilmente vive, pensò che Jonathan, cadendo a Gelboe, si sarebbe rallegrato di vedere nel futuro l’amico suo possedere il trono cui era nato egli.

Donna Fedele trovò nel salone Lelia che l’aspettava sprofondata in una poltrona, coll’ombrellino fra le mani.

«Andiamo proprio?» diss’ella. Parve a donna Fedele di sentire nella domanda l’ironia di chi ha compreso ciò che gli si vuole nascondere e lo fa capire. Come il tono della voce così gli occhi di Lelia dicevano: «Il passeggio è un pretesto, tu sei venuta per farmi un discorso, adesso hai avuto una conferenza, a questo proposito, con papà, forse non è più il caso del discorso.

«Ma sì! Perchè mi domandi?»

«Perchè» disse Lelia, alzandosi, ma senza allonta-