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170 CAPITOLO QUARTO

incresciosa. Incontrò all’entrata della villa la cameriera venuta col messaggio di donna Fedele. Il messaggio, in quel momento di reazione contro i tradimenti del sognare, le fu gradito. Trovò il signor Marcello già seduto a tavola con una faccia che non prometteva niente di buono. La salutò appena. A lei questi modi facevano bollire il sangue. Li attribuì al suo persistente rifiuto dell’eredità anzi che all’altro. Perchè pretendere d’imporle quello che a lui pareva un beneficio e a lei no? Ella si chiuse alla sua volta in un ostinato silenzio. Primo si mansuefece alquanto il signor Marcello, benchè gli pesasse sul cuore che la fanciulla avesse detto a donna Fedele di non voler accettare le sue sostanze per un sentimento di dignità. Molto orgoglio, aveva pensato il vecchio, e poco affetto. Si mansuefece alquanto, le osservò, abbastanza dolcemente, che non aveva preso nulla. Quasi più che dei suoi cipigli Lelia soffriva della susseguente mansuetudine colla quale egli pretendeva saldare le partite. Si alzò appena preso il caffè e uscì silenziosamente, anche per nascondere lagrime prossime a cadere; lagrime ond’ella stessa non avrebbe saputo dire se venissero dal dispetto, o dall’angoscia del suo conflitto interno, o da un’acre pietà di se stessa; perchè in fatto bruciavano di tutti questi bruciori.

Il signor Marcello si alzò un minuto dopo di lei, andò curvo, colle braccia inarcate e le mani sui fianchi, nel salone, sperando trovarvela. Stette un poco piantato lì ad ascoltare se ne udisse una voce, un passo. Nulla. Allora sedette malinconicamente al piano, si mise a suonare. Lelia, che stava nella galleria superiore affisandosi nella ripida costa verde coronata di castagni, leggendovi i proprii pensieri, riconobbe il tema del Pergolese sul quale egli aveva fantasticato la notte susseguente al deliquio. Anche adesso le mani frementi di