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NELLA TORRE DELL'ORGOGLIO 219

«Lei ha fatto bene ad armarsi, Alberti» diss’ella ridendo, «perchè la signorina Grüssli ha delle intenzioni bellicose.»

«Oooh siii, oooh siii» esclamò la sessantenne signorina Grüssli. «E ho piacere di dirlo al signor Alberti perchè in passato avevamo discorso insieme, e, benchè non abbiamo le stesse opinioni, non ero malcontenta di lui come adesso. Oooh nooo!»

«Ma perchè, perchè?» domandò la dama, avida di soffiar nel fuoco.

«Inutile dire! Tutti questi signori sanno e anche il signor Alberti.»

«Io veramente no» rispose Alberti, con un sorriso freddo. «Ma del resto...»

«Lei vuol dire che non importa di me? Ma importerà forse di altri, credo. Se Lei non sa, io dirò. Io sono stata a Sue conferenze, signore, su eretici del secolo XVI. Non è piaciuto niente nè me nè altri, come Lei ha detto che quelli dovevano tacere, obbedire. Domandi questi signori.»

Il professore protestò. Dichiarò di essere un positivista troppo lontano dalle idee di Alberti, da qualunque idea religiosa, per aver piacere o dispiacere che si parlasse degli eretici in un modo o nell’altro. Egli non faceva differenza fra eretici di qualunque tinta e cattolici di qualunque scuola. Tutt’al più poteva dire che per lui i cattolici intransigenti erano i più logici e perciò i più simpatici. La Svizzera lo rimbeccò aspramente. Anche per lei eretici, modernisti e papisti si valevano, ma poi c’era una questione morale, una questione di dignità, di sincerità. «Mi pare!» fece la damigella di casa. Ma la bella Làlina, la russa, rincarò la dose. «Io non sono positivista» diss’ella, parlando francese, «e ho avuto una disillusione molto maggiore di quella della signorina Grüssli e ho piacere di dirlo di-