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PRELUDIO MISTICO 15


Massimo rinunciò a capire. Insomma, dove lo mandava don Aurelio, poichè non gli poteva dare alloggio? Cavò stentatamente alla sua guida che don Aurelio le aveva dato l’ordine di accompagnare il forestiere alla Montanina. E perchè, santo cielo, non lo aveva detto subito?

«Sempre che La comandasse, me intendeva mi» disse Cioci.

Massimo lo pregò di tirare avanti verso la Montanina. Era malcontento. Pensò che i preti, anche i migliori, anche i più cari, mancano, almeno un poco, di tatto. Venerava il signor Marcello ma gli seccava di prendersi una ospitalità non offerta, gli seccava d’incontrarsi forse, alla Montanina, con altri ospiti, gli seccava di non potervi godere la libertà e la quiete, tanto sospirate, che si era ripromesse partendo da Milano, gli seccava di non essere stato avvertito in tempo. Avrebbe ritardato. Fatto un centinaio di passi, il bravo Cioci si fermò e si voltò da capo a parlargli.

Il «prete» gli faceva dire che il signor Trento lo ringraziava tanto di andare a casa sua.

All’ultima svolta. dove la strada della Montanina si diparte da quella di Velo, Cioci fece un’altra sosta e un’altra commissione tempestiva. Il «prete» faceva dire al signore di avvertire, se avesse bagaglio spedito, il signor capostazione che lo si sarebbe mandato a prendere l’indomani mattina con un carretto.

Massimo sorrise. No no, non aveva bagaglio spedito. Rise anche Cioci, questa volta.

«Cossa vorla, sior! Le gera tante!»

Alla Montanina, dunque. Il primo malumore di Massimo cedette ad altri pensieri. Gli strinse il cuore la memoria del morto giovinetto amico, tanto caro, buono, franco, brioso, che gli parlava con entusiasmo di Velo d’Astico e della Montanina, della sua fiducia nella dolce bontà di sua madre che avrebbe piegato presto ai suoi