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PRELUDIO MISTICO 17

che io esprimessi l’inesprimibile?». E soggiunse: «Un capo grando, salo!»

Mentre i due passavano davanti alla chiesina di Santa Maria ad Montes, una voce femminile chiamò dall’alto:

«Cioci! Qua, Cioci!»

«Siora!» rispose Cioci, sostando.

La «siora» era Teresina, che comparve presto al cancello del portico, di fianco alla chiesa, dov’è l’entrata dei pedoni. Fece entrare Cioci, lo avviò alla villa col suo carico e trattenne Alberti.

Ella gli si ricordò come la cameriera che gli aveva fasciata una distorsione buscatasi nello scendere dal Colletto Grande col povero signor Andrea. Le premeva di avvertirlo che il suo padrone, il signor Marcello, era tanto felice di ospitarlo ma che le sue condizioni di salute non erano troppo buone, che questo incontro lo avrebbe certamente commosso. Perciò si permetteva di pregarlo a fingersi molto stanco del viaggio e a ritirarsi presto, perchè si ritirasse anche il padrone. Tale era pure, diss’ella, il desiderio della signorina.

La signorina? Certo; Massimo non ci aveva pensato. Adesso, alla Montanina, c’era la signorina da Camin. Massimo sulla fede di Andrea e Andrea sulla fede del sior Momi, l’avevano sempre chiamata così e non col suo vero nome, Camin. Lelia stessa si credeva da Camin. Massimo non l’aveva veduta che una volta, per via, da lontano. Ne conosceva due fotografie mostrategli dall’amico e ricordava perfettamente le due impressioni del tutto diverse che gli avevano fatte. Ricordava una testolina di dieciott’anni, ben pettinata, dalle linee non tanto regolari, dagli occhi sorridenti che guardavano l’obbiettivo dicendo «va bene così?»

Ricordava un’altra testolina dai capelli un po’ scomposti, chinata leggermente in avanti e che guardava basso, per cui gli occhi non le si vedevano. Alla prima