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NEL VILLINO DELLE SPINE 281

lo sappia. Se le lasciassi qualche cosa per testamento, non vorrebbe accettare. La mia preghiera è questa: quello che vorrei lasciare a lei lo lascerei a te e tu continueresti a soccorrerla come faccio io adesso. E ti pregherei anche di vederla, quando sarò morta; di persuaderla che io non l’ho adescato, suo fratello, che ho solamente creduto, ingannandomi, di poter corrispondere al suo sentimento e che il dolore del mio fallo l’ho portato con me fino alla morte. Lo farai?»

Stavolta fu donna Fedele che stese una mano alla sponda dell’altro letto. La mano fu presa e stretta come in una morsa. Risposta non venne Donna Fedele ripetè: «lo farai?».

Sentì premersi il dorso della mano, a due riprese, sopra due occhi umidi, udì un sussurro:

«Lei non deve morire, Lei deve guarire.»

«Ma, se non guarisco, lo farai?»

La mano prigioniera patì una stretta violenta.

«Non mi costringa a rispondere subito!»

A queste parole di Lelia, donna Fedele ritirò la mano, che non fu trattenuta, e tacque. Lelia esclamò, di soprassalto:

«Lo so...!»

E non andò più avanti.

«Cosa?» chiese donna Fedele.

«Niente» diss’ella.

Tacquero ambedue, per un minuto. Poi Lelia, piano piano, discese dal letto, stese le braccia intorno al capo dell’amica, le posò il viso sul petto.

«Lo so» diss’ella con un fil di voce «perchè vuol dare quest’incarico a me. Lo so, perchè mi ha fatto cambiare di camera. Lo so...»

«Zitto!» fece donna Fedele cercando alzarle colle mani il viso e chiuderle la bocca. E perchè l’altra ricominciava «lo so...», le impose con forza di tacere e di ritornarsene a letto.