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UNA GOCCIA DI SANGUE PATERNO 383

una parte, per chiedere altro denaro. Le ne corse nel sangue un brivido di ribrezzo. Una goccia del sangue paterno l’aveva nelle vene; due, no. Rispose che non le occorreva nulla. Il sior Momi ritirò il capo ma poi lo rificcò dentro, disse sottovoce:

«Non le porterai mica via tutte? Vuoi lasciarmene in custodia? Ben ben, no no no!» Vista la faccia della figliuola ripiegò nelle tenebre esteriori e, chiuso l’uscio, soffiò dal corridoio:

«Del resto ci vediamo, domani mattina!»

E per Lelia incominciò il silenzio. Si spogliò pian piano, palpitando, tremando. A un tratto, mezzo vestita, sentendosi mancare il respiro, sedette sul letto, abbandonò per un momento, a fiore della volontà, i suoi disegni segreti. Fu un attimo di debolezza, che, avvertito subito, la fece sobbalzare come un colpo di frusta. No no, nessuna viltà! Ell’andrebbe a lui come una schiava, come una cosa sua, senza pensare all’indomani, senza pensare ad altro che ad essere schiava e cosa da gittare o da prendere. Spogliatasi rapidamente, si coricò, spense la luce.

Febbrili fantasmi della immaginata fuga l’agitavano, la torturavano. Si trasse giù a due mani i rododendri che le pendevano sul guanciale, domandò loro i fantasmi dell’amore per cacciare gli altri.