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PRELUDIO MISTICO 33

stillato il cervello per trovare un modo decente d’impedire, con una disposizione testamentaria, che il padre e la madre della sua erede mettessero piede alla Montanina, non lo aveva trovato. Conosceva Lelia. Lelia non avrebbe accettato una clausola in questo senso, un obbligo espresso, pubblico; molto meno, un obbligo sancito da una penale. Avrebbe rifiutata l’eredità. Non c’era che parlargliene prima, ottenere una promessa. Discorso difficile, ma insomma quello appunto cui intendeva venire. Ripigliare la conversazione l’indomani: altro non gli restava.

Come fu a letto, incrociate le mani dietro la nuca, appoggiato il capo alla spalliera, pensò: e se Lelia avesse in mente di prender marito, se rifiutasse per questo? Era un caso previsto. Ne avevano discusso, egli e la sua povera moglie.

La moglie, persona pratica, prevedeva che la fanciulla, piacente e intelligente, sarebbe stata ricercata e che, un giorno o l’altro, avrebbe amato ancora. Secondo lei, Marcello avrebbe dovuto limitarsi ad assegnarle una rendita fino al giorno in cui prendesse marito. Marcello non se n’era persuaso. Si compiacque, da poeta, della bellezza ideale di un sacrificio al quale associava l’anima del figliuol suo, sciolta da legami terreni, amorosa tuttavia certo, ma di affetti sovrumani, puri di egoismo, non d’altro desiderosi e paghi che di saper felici le creature amate. Volle che Lelia avesse la ricchezza offertale dal povero Andrea. Gli era dolce d’immaginarla fedele ad Andrea; desiderò che, anche cedendo a un altro amore, avesse a benedire la memoria del primo, la desiderò felice e non le prescrisse, nell’istituirla erede, condizione alcuna. Gli conveniva ora di parlare, di farle conoscere il suo sentimento?

Sospirò all’idea che se la morte fosse venuta quella notte, la sua casa sarebbe caduta nelle mani del sior

Fogazzaro. Leila. 3