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LA DAMA BIANCA DELLE ROSE 465

sempre così ossequioso con lei, la casa delle cugine di Santhià era un soggiorno tanto sicuro e Lelia abborriva talmente dal ritorno a Velo, ch’ella credette poter decidere così di suo capo. Tanti discorsi avevano esaurite le sue povere forze. Pregò di stare un’ora in silenzio, in pace; e pregò che Massimo se n’andasse al suo Dasio, che Lelia si accontentasse di rivederlo la sera, fra le sei e le sette, in sua presenza. Sentiva di avere una responsabilità non piccola della folle scappata di Lelia, sentiva di essere meno libera nella parte materna volontariamente assuntasi che non lo sarebbe stata una vera e propria madre. Lelia ebbe un movimento di ribellione.

«Leila! Cara Leila!» disse Massimo, sorridendo. La piccola fiera dagli occhi lampeggianti si ammansò come per incanto. Egli voleva così. Bastava. Donna Fedele spalancò gli occhi. «Cosa? Ti sei cambiata il nome?»

«Solamente per lui» rispose Lelia, arrossendo, «ma per lui proprio sì, proprio sì!»

«Spiegatevi.»

Lelia stese rapidamente la mano verso Massimo a fermare le parole ch’egli fosse per dire. Supplicò donna Fedele di non chiederle spiegazioni.

«Piuttosto» soggiunse «mi chiami Leila anche Lei.»

Donna Fedele crollò il capo, fece un gesto come per dire: chi si raccapezza con questa gente? E la conversazione ebbe fine.


IV.



Era domenica e la cugina Eufemia, informatasi fino dalla sera precedente, anche per incarico di donna Fedele, della chiesa e della messa, aveva saputo che la chiesa stava in alto, a capo di una faticosa scalinata,

FOGAZZARO.Leila. 30