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a 461] trattato della pittura - parte terza 153

460. Perchè le cose più alte poste nella distanza sono più oscure che le basse, ancorachè la nebbia sia uniforme in grossezza.

Delle cose poste nella nebbia, od altra aria grossa, o per vapore, o per fumo, o per distanza, quella sarà tanto più nota, che sarà più alta; e delle cose di eguale altezza quella parrà più oscura, che campeggia in più profonda nebbia, come accade all’occhio h, che vedendo abc torri di eguale altezza infra loro, vede c, sommità della prima torre, in r, bassezza di due gradi di profondità nella nebbia, e vede la sommità della torre di mezzo b in un sol grado di nebbia; adunque c sommità si dimostra più oscura che la sommità della torre b.


461. Delle macchie delle ombre che appariscono ne’ corpi da lontano.

Sempre la gola od altra perpendicolare dirittura che sopra di sè abbia alcuno sporto sarà più oscura che la faccia perpendicolare di esso sporto; ne seguita che quel corpo si dimostrerà più illuminato, che da maggior somma di un medesimo lume sarà veduto. Vedi in a che non v’illumina parte alcuna del cielo fk, ed in b vi illumina il cielo ik, ed in c il cielo hk, ed in d il cielo gk, ed in e il cielo fk integralmente; adunque il petto sarà di pari chiarezza della fronte, naso e mento. Ma quello che io ti ho a ricordare de’ volti, è che tu consideri in quelli come in diverse distanze si perdono diverse qualità d’ombre, e solo restano quelle prime macchie, cioè della incassatura dell’occhio ed altre simili, e nel fine il viso rimane oscuro, perchè in quello si consumano i lumi, i quali sono piccola cosa a comparazione delle ombre mezzane, per la qual cosa a lungo andare si consuma qualità e quantità de’ lumi ed ombre principali, e si confonde ogni qualità in un’ombra mezzana. E questa è la causa che gli alberi ed ogni corpo a certa distanza si dimostrano farsi in sè più oscuri che essendo quelli medesimi vicini all’occhio; la quale oscurità nell’aria che s’interpone infra l’occhio e la cosa fa che essa cosa si rischiara e pende in azzurro; ma piuttosto azzurreggia nelle ombre che nelle parti luminose, dove si mostra più la verità de’ colori.


L. da VinciTrattato della pittura. 20