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16 leonardo da vinci [§ 21

deve fingere, e misura nelle cose dipinte, acciocchè non sieno sproporzionate; ma ch’ei non si veste tali tre scienze, anzi, che le altre in gran parte si vestono della pittura, come l’astrologia, che nulla fa senza la prospettiva, la quale è principal membro di essa pittura, cioè l’astrologia matematica, non dico della fallace giudiciale, perdonimi chi per mezzo degli sciocchi ne vive. Dice il poeta, che descrive una cosa, che ne rappresenta un’altra piena di belle sentenze. Il pittore dice avere in arbitrio di fare il medesimo, e in questa parte anco egli è poeta. E se il poeta dice di fare accendere gli uomini ad amare, che è cosa principale della specie di tutti gli animali, il pittore ha potenza di fare il medesimo, tanto più ch’egli mette innanzi all’amante la propria effigie della cosa amata, il quale spesso fa con quella, baciandola, e parlando con quella, quello che non farebbe con le medesime bellezze postegli innanzi dallo scrittore. E tanto più supera gl’ingegni degli uomini1 ad amare ed innamorarsi di pittura che non rappresenta alcuna donna viva. E già intervenne a me fare una pittura che rappresentava una cosa divina, la quale comperata dall’amante di quella volle levarne la rappresentazione di tal deità per poterla baciare senza sospetto, ma infine la coscienza vinse i sospiri e la libidine, e fu forza ch’ei se la levasse di casa. Or va tu, poeta, descrivi una bellezza senza rappresentazione di cosa viva, e desta gli uomini con quella a tali desiderî. Se tu dirai: io ti descriverò l’inferno, o il paradiso, ed altre delizie o spaventi, il pittore ti supera, perchè ti metterà innanzi cose, che tacendo diranno tali delizie o ti spaventeranno e ti muoveranno l’animo a fuggire. Muove più presto i sensi la pittura che la poesia; e se tu dirai che con le parole tu leverai un popolo in pianto, o in riso, io ti dirò che non se’ tu che muove, egli è l’oratore, ed è una scienza che non è poesia. Ma il pittore muoverà a riso, non a pianto, perchè il pianto è maggiore accidente che non è il riso. Un pittore fece una pittura, che chi la vedea subito sbadigliava, e tanto replicava tale accidente, quanto si teneva gli occhi alla pittura, la quale ancora lei era finta sbadigliare. Altri hanno dipinto atti libidinosi, e tanto lussuriosi, che hanno incitati i risguardatori di quelli alla medesima festa; il che non farà la poesia. E se tu scriverai la figura di alcuni dèi, non sarà tale scrittura nella medesima venerazione che la idea dipinta, perchè a tale pittura sarà fatto di continuo voti e diverse orazioni, ed a quella concorreranno varie generazioni di diverse provincie, e per i mari orientali, e da tali si dimanderà soccorso a tal pittura, e non alla scrittura.


22. Arguizione del poeta contro il pittore.

Tu dici, o pittore, che la tua arte è adorata, ma non imputare a te tal virtù, ma alla cosa di che tal pittura è rappresentatrice. Qui il pittore risponde: O tu, poeta,

  1. L’edizione viennese del Braumüller, 1882, aggiunge qui le parole: «che l’induce».