Pagina:Leonardo prosatore.djvu/62

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Non ha evitato, però, di cacciare nel bel mezzo della figurazione del Diluvio, un passo sul moto della polvere mossa dal corso del cavallo (!), passo che il Richter aveva trascritto di seguito, sì, ma notando che faceva parte a sè. (Solmi, p. 318; Beltrami, p. 152-53; Richter par. 327).

Curioso, poi, lo spezzare ancor più la già frammentaria prosa vinciana, sconvolgendone l’ordine da capo a fondo: con che profitto? con che utilità? Già così raro è il piacere d’aver un passo lungo del Vinci! dico piacere, perchè scrivendo a lungo, Egli — cosa che non fa di solito — s’accalora e diventa eloquente.

Parlo delle pagine contro gli interruttori e abbreviatori delle sezioni anatomiche, pagine tra le più belle di Leonardo. Il testo vinciano (Quad. Anat. edit. dal Vagensten, Cristiania, II, fol. 14 r) dal Solmi era stato già spezzato, per seguire una sua divisione della materia abbastanza capricciosa, in tre frammenti (il 1º a pag. 101, il 2º a pag. 219, il 3º a pag. 228, ma preceduto e fuso con altro frammento — Quad. An. I, 42 r — che per nulla c’entra). Il Beltrami, non contento dello scempio, lo divide in cinque frammenti incompiuti e ordinati a modo suo: infatti il primo capoverso della pag. 38 è il terzo nell’ordine esatto, sì che comincia con un «ma», che par riferirsi al passo precedente del tutto estraneo, viceversa, in materia; l’ultimo dovrebbe essere il primo, il secondo resterebbe il secondo... quando fosse capovolto l’ordine dei passi tra cui è posto. Poi è saltato tutto un tratto, e a pag. 96 tranquillamente è dato un altro spezzatino incompiuto anche questo, e incappellato con due altri passi di diversa provenienza dai manoscritti, e di cui il secondo non ha la benchè minima relazione nè con l’antecedente nè col susseguente.

Sta lì solo perchè nella raccolta del Solmi (alla già citata pag. 228) c’è... e Dio solo sa perchè! Il Beltrami, copiando, ha copiato — naturalmente — anche uno sproposito, e ben grosso. Eccolo: «E in questo caso io so che io ne acquisterò non pochi nemici, conciò sia che nessuno crederà ch’io possa dire di lui....»