Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/109

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il parini - capitolo viii 103


della medesima, e derise le sentenze diverse o negli antenati o nei presenti. Ma ciò con tanto maggiore difficoltá e lunghezza, quanto queste si fatte veritá nuove e incredibili, furono maggiori e piú capitali, e quindi sovvertitrici di maggior numero di opinioni radicate negli animi. Né anche gl’intelletti acuti ed esercitati, sentono facilmente tutta l’efficacia delle ragioni che dimostrano simili veritá inaudite, ed eccedenti di troppo spazio i termini delle cognizioni e dell’uso di essi intelletti; massime quando tali ragioni e tali veritá ripugnano alle credenze inveterate nei medesimi. Il Descartes al suo tempo, nella geometria, la quale egli amplificò maravigliosamente, coll’adattarvi l’algebra e cogli altri suoi trovati, non fu né pure inteso, se non da pochissimi. Il simile accadde al Newton. In vero, la condizione degli uomini, disusatamente superiori di sapienza alla propria etá, non è molto diversa da quella dei letterati e dotti che vivono in cittá o province vacue di studi: perocché né questi, come dirò poi, da’ lor cittadini o provinciali, né quelli da’ contemporanei, sono tenuti in quel conto che meriterebbero; anzi spessissime volte sono vilipesi, per la diversitá della vita o delle opinioni loro da quelle degli altri, e per la comune insufficienza a conoscere il pregio delle loro facoltá ed opere.

Non è dubbio che il genere umano a questi tempi, e insino dalla restaurazione della civiltá, non vada procedendo innanzi continuamente nel sapere. Ma il suo procedere è tardo e misurato: laddove gli spiriti sommi e singolari, che si danno alla speculazione di quest’universo, sensibile all’uomo o intelligibile, ed al rintracciamento del vero, camminano, anzi talora corrono, velocemente, e quasi senza misura alcuna. E non per questo è possibile che il mondo, in vederli procedere cosí spediti, affretti il cammino, tanto che giunga con loro o poco piú tardi di loro, colá dove essi per ultimo si rimangono. Anzi non esce del suo passo; e non si conduce alcune volte a questo o a quel termine, se non solamente in ispazio di uno o di piú secoli da poi che qualche alto spirito vi si fu condotto.

È sentimento, si può dire, universale, che il sapere umano debba la maggior parte del sua progresso a quegl’ingegni