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il parini - capitolo xii | 113 |
applicarle alle lettere e alle dottrine. Dunque, come fanno quei
poveri che, essendo per alcun accidente manchevoli o mal
disposti di qualche loro membro, s’ingegnano di volgere questo
loro infortunio al maggior profitto che possono, giovandosi
di quello a muovere per mezzo della misericordia la liberalitá
degli uomini; cosí la mia sentenza è, che tu debba
industriarti di ricavare a ogni modo da coteste tue qualitá
quel solo bene, quantunque piccolo e incerto, che sono atte
a produrre. Comunemente elle sono avute per benefizi e doni
della natura, e invidiate spesso da chi ne è privo, ai passati
o ai presenti che le sortirono. Cosa non meno contraria al
retto senso che se qualche uomo sano invidiasse a quei miseri
che io diceva, le calamitá del loro corpo; quasí che il danno
di quelle fosse da eleggere volentieri, per conto dell’infelice
guadagno che partoriscono. Gli altri attendono a operare, per
quanto concedono i tempi, e a godere, quanto comporta questa
condizione mortale. Gli scrittori grandi, incapaci, per natura
o per abito, di molti piaceri umani; privi di altri molti
per volontá; non di rado negletti nel consorzio degli uomini,
se non forse dai pochi che seguono i medesimi studi, hanno
per destino di condurre una vita simile alla morte, e vivere,
se pur l’ottengono, dopo sepolti. Ma il nostro fato, dove che
egli ci tragga, è da seguire con animo forte e grande; la
qual cosa è richiesta massime alla tua virtú, e di quelli che ti
somigliano.