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dialogo di f. ruysch e delle sue mummie | 115 |
oggi è la vita al pensier nostro, e tale
qual de’ vivi al pensiero
l’ignota morte appar. Come da morte
vivendo rifuggia, cosí rifugge
dalla fiamma vitale
nostra ignuda natura;
lieta no ma sicura;
però ch’esser beato
nega ai mortali e nega a’ morti il fato.
ruysch. (fuori dello studio guardando per gli spiragli dell’uscio) Diamine! Chi ha insegnato la musica a questi morti, che cantano di mezza notte come i galli? In veritá che io sudo freddo, e per poco non sono piú morto di loro. Io non mi pensava perché gli ho preservati dalla corruzione, che mi risuscitassero. Tant’è: con tutta la filosofia, tremo da capo a piedi. Mal abbia quel diavolo che mi tentò di mettermi questa gente in casa. Non so che mi fare. Se gli lascio qui chiusi, che so che non rompano l’uscio, o non escano pel buco della chiave, e mi vengano a trovare a letto? Chiamare aiuto per paura de’ morti, non mi sta bene. Via, facciamoci coraggio, e proviamo un poco di far paura a loro.
(Entrando). Figliuoli, a che giuoco giochiamo? non vi ricordate di essere morti? che è cotesto baccano? forse vi siete insuperbiti per la visita dello czar40, e vi pensate di non esser piú soggetti alle leggi di prima? Io m’immagino che abbiate avuto intenzione di far da burla, e non da vero. Se siete risuscitati, me ne rallegro con voi; ma non ho tanto, che io possa far le spese ai vivi, come ai morti; e però levatevi di casa mia. Se è vero quel che si dice dei vampiri, e voi siete di quelli, cercate altro sangue da bere; che io non sono disposto a lasciarmi succhiare il mio, come vi sono stato liberale di quel finto, che vi ho messo nelle vene40a. In somma, se vorrete continuare a star quieti e in silenzio, come siete stati finora, resteremo in buona concordia, e in casa mia non vi mancherá niente; se no, avvertite ch’io piglio la stanga dell’uscio, e vi ammazzo tutti.