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Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/18

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12 operette morali


esperienze prese, l’inquieta, insaziabile, immoderata natura umana; alla tranquillitá della quale, non che alla felicitá, vedeva oramai per certo, niun provvedimento condurre, niuno stato convenire, niun luogo essere bastante; perché, quando bene egli avesse voluto in mille doppi aumentare gli spazi e i diletti della terra, e l’universitá delle cose, quella e queste agli uomini, parimente incapaci e cupidi dell’infinito, fra breve tempo erano per parere strette, disamene e di poco pregio. Ma in ultimo quelle stolte e superbe domande commossero talmente l’ira del dio, che egli si risolse, posta da parte ogni pietá, di punire in perpetuo la specie umana, condannandola per tutte le etá future a miseria molto piú grave che le passate. Per la qual cosa deliberò non solo mandare la Veritá fra gli uomini a stare, come essi chiedevano, per alquanto di tempo, ma dandole eterno domicilio tra loro, ed esclusi di quaggiú quei vaghi fantasmi che egli vi avea collocati, farla perpetua moderatrice e signora della gente umana.

E maravigliandosi gli altri dèi di questo consiglio, come quelli ai quali pareva che egli avesse a ridondare in troppo innalzamento dello stato nostro e in pregiudizio della loro maggioranza, Giove li rimosse da questo concetto mostrando loro, oltre che non tutti i geni, eziandio grandi, sono di proprietá benefici, non essere tale l’ingegno della Veritá, che ella dovesse fare gli stessi effetti negli uomini che negli dèi. Perocché laddove agl’immortali ella dimostrava la loro beatitudine, discoprirebbe agli uomini interamente e proporrebbe ai medesimi del continuo dinanzi agli occhi la loro infelicitá; rappresentandola oltre a questo, non come opera solamente della fortuna, ma come tale che per niuno accidente e niuno rimedio non lo possano campare, né mai, vivendo, interrompere. Ed avendo la piú parte dei loro mali questa natura, che in tanto sieno mali in quanto sono creduti essere da chi li sostiene, e piú o meno gravi secondo che esso gli stima; si può giudicare di quanto grandissimo nocumento sia per essere agli uomini la presenza di questo genio. Ai quali niuna cosa apparirá maggiormente vera che la falsitá di tutti i beni mortali;