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202 operette morali


godere; tanto è il desiderio e, per cosí dir, la sete, che l’animo ha del godimento. Ma la deliberazione non cade fra questi termini; perché il godimento e il piacere, a parlar proprio e diritto, è tanto impossibile, quanto il patimento è inevitabile. E dico un patimento cosí continuo, come è continuo il desiderio e il bisogno che abbiamo del godimento e della felicitá, il quale non è adempiuto mai: lasciando ancora da un lato i patimenti particolari ed accidentali che intervengono a ciascun uomo, e che sono parimente certi; intendo dire, è certo che ne debbano intervenire (piú o meno, e d’una qualitá o d’altra), eziandio nella piú avventurosa vita del mondo. E per veritá, un patimento solo e breve che la persona fosse certa che, continuando essa a vivere, le dovesse accadere, saria sufficiente a fare che, secondo ragione, la morte fosse da anteporre alla vita: perché questo tal patimento non avrebbe compensazione alcuna; non potendo occorrere nella vita nostra un bene o un diletto vero.

Porfirio. A me pare che la noia stessa, e il ritrovarsi privo di ogni speranza di stato e di fortuna migliore, sieno cause bastanti a ingenerar desiderio di finir la vita, anco a chi si trova in istato e in fortuna, non solamente non cattiva, ma prospera. E piú volte mi sono maravigliato che in nessun luogo si vegga fatta menzione di principi che sieno voluti morire per tedio solamente, e per sazietá dello stato proprio; come di genti private e si legge, e odesi tutto giorno. Quali erano coloro che, udito Egesia, filosofo cirenaico, recitare quelle sue lezioni della miseria della vita, uscendo della scuola, andavano e si uccidevano; onde esso Egesia fu detto per soprannome «il persuasor di morire»; e si dice, come credo che tu sappi, che all’ultimo il re Tolomeo gli vietò che non disputasse piú oltre in quella materia58. Che se bene si trova di alcuni, come del re Mitridate, di Cleopatra, di Ottone romano, e forse di alquanti altri principi, che si uccisero da se stessi; questi tali si mossero per trovarsi allora in avversitá e in miseria, e per isfuggirne di piú gravi. Ora a me sarebbe paruto credibile che i principi, piú facilmente che gli altri, concepissero odio