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254 operette morali


DIALOGO DI MALAMBRUNO E DI FARFARELLO

Dalla Teoria del piacere (v. in Studi e frammenti di filosofia ) e segnatamente in Z. 12 febbraio 1821, p. 847 (II, in):

La somma della teoria del piacere, e si può dir anche della natura dell’animo nostro e di qualunque vivente è questa. Il vivente si ama senza limite nessuno e non cessa mai di amarsi. Dunque non cessa mai di desiderarsi il bene, e si desidera il bene senza limiti. Questo bene in sostanza non è altro che il piacere. Qualunque piacere, ancorché grande, ancorché reale, ha limiti. Dunque nessun piacere è proporzionato ed uguale alla misura dell’amore che il vivente porta a se stesso. Quindi nessun piacere può soddisfare il vivente ecc.

E 29 settembre 1823, Z. 3552 (VI, 22):

... Dove non v’ha piacere, quivi è patimento, perché v’ha desiderio non soddisfatto di piacere, e il desiderio non soddisfatto è pena. Né v’ha stato intermedio, come si crede, tra il soffrire e il godere; perché il vivente, desiderando sempre per necessitá e di natura il piacere, e desiderandolo perciò appunto ch’ei vive, quando e’ non gode, ei soffre. E non godendo mai, né potendo veramente godere, resta ch’ei sempre soffra mentre ch’ei vive, in quanto ei sente la vita; ché quando ei non la sente non soffre; come nel sonno, nel letargo ecc. Ma in questi casi ei non soffre, perché la vita non gli è sensibile e perché in certo modo ei non vive ecc.

E ancora: 6 novembre 1823, Z. 3843 (VI, 225):

Sempre che l’uomo pensa ei desidera, perché tanto quanto pensa ei si ama. Ed in ciascun momento a proporzione che la sua facoltá di pensare è piú libera ed intera e con minore impedimento, e ch’egli piú pienamente ed intensamente la esercita, il suo desiderare è maggiore ecc.

E rimanda ad altri pensieri (3835 e 3846), nei quali sono svolte le medesime tesi.