Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/293

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appendice 287


1 settembre 1821, Z. 1605 (III, 260):

È vero che l’uomo felice non suol essere molto compassionevole; ma l’uomo notabilmente infelice, ancorché nato sensibilissimo, non è quasi affatto capace di compassione spontanea e sensibile. Sviluppa questa veritá nelle sue parti e nelle sue cagioni.

Sviluppata era giá: Z. 97 sgg. (I, 207):

Si suol dire che per ottener qualche grazia è opportuno il tempo dell’allegrezza di colui che si prega. E quando questa grazia si possa far sul momento, o non costi impegno od opera al supplicato, convengo anch’io in questa opinione. Ma per interessar chicchessia in vostro favore, ed impegnarlo a prendersi qualche benché piccola premura di un vostro affare, non c’è tempo piú assolutamente inopportuno di quello della gioia viva. Ogni volta che l’uomo è occupato da qualche passion forte, è incapace di pensare ad altro; ogni volta che o la sua propria infelicitá o la sua propria fortuna l’interessano vivamente e lo riempiono, è incapace di pigliar premura de’ negozi, delle infelicitá, dei desidèri altrui. Nei momenti di gioia viva o di dolor vivo, l’uomo non è suscettibile né di compassione né d’interesse per gli altri; nel dolore, perché il suo male l’occupa piú dell’altrui; nella gioia, perché il suo bene l’inebbria e gli leva il gusto e la forza di occuparsi in verun altro pensiero. E massimamente la compassione è incompatibile col suo stato, quando egli o è tutto pieno della pietá di se stesso, o prova un’esaltazione di contento che gli dipinge a festa tutti gli oggetti, e gli fa considerar la sventura come un’illusione, per lo meno odiarla come cosa alienissima da quello che lo anima e lo riempie tutto in quel punto. Solamente gli stati di mezzo sono opportuni all’interesse per le cose altrui, o anche un certo stato di entusiasmo, senza origine e senza scopo reale, che gli faccia abbracciar con piacere l’occasione di operare dirittamente, di beneficare, di sostituir l’azione all’inazione, di dare un corpo ai suoi sentimenti e di rivolgere alla realtá quell’impeto di entusiasmo viriuoso, magnanimo, generoso, ecc., che si aggirava intorno all’astratto e all’indefinito. Ma quando il nostro animo è giá occupato dalla realtá, ossia da quell’apparenza che noi consideriamo come realtá, il rivolgerlo a un altro scopo è impresa difficilissima; e quello è il tempo piú inopportuno di sollecitar l’interesse altrui per la vostra causa, quando esso è giá tutto