Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/295

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appendice 289


E soprattutto, trattandosi di azione, non isperar mai nulla da un giovane, che come te si trovi disgustato della vita domestica, e come te senta il bisogno di procurarsi i mezzi di troncarla, da un militare disgraziato come te, o che corra collo stesso impegno e colla stessa vivezza di desiderio agli onori, da un malato che sia tutto occupato ed afflitto da una malattia simile alla tua, ecc.

11 settembre 1820, Z. 238 sg. (I, 334):

La negligenza e l’irriflessione spessissimo ha l’apparenza e produce gli effetti della malvagitá e brutalitá. E merita di essere considerata come una delle principali e piú frequenti cagioni della tristizia degli uomini e delle azioni. Passeggiando con un amico assai filosofo e sensibile, vedemmo un giovinastro, che con un grosso bastone, passando sbadatamente e come per giuoco, menò un buon colpo a un povero cane che se ne stava pe’ fatti suoi senza infastidir nessuno. E parve segno all’amico di pessimo carattere in quel giovane. A me parve segno di brutale irriflessione. Questa molte volte c’induce a far cose dannosissime o penosissime altrui, senza che ce ne accorgiamo; (parlo anche della vita piú ordinaria e giornaliera, come di un padrone, che per trascuraggine lasci penare il suo servitore alla pioggia ecc.) e, avvedutici, ce ne duole; molte altre volte, come nel caso detto di sopra, sappiamo bene quello che facciamo, ma non ci curiamo di considerarlo, e lo facciamo cosí alla buona; considerandolo bene, non lo faremmo. Cosí la trascuranza prende tutto l’aspetto della malvagitá e crudeltá, non ostante che ogni volta che tu riflettessi, fossi molto alieno dalla volontá di produrre quel tale effetto e che la malvagitá e crudeltá non abbia che fare col tuo carattere.

Z. 38 (I, 134):

Non so se si possa far cosa piú dispiacevole altrui, quanto ad uno che v’abbia fatto un dono splendido offrirne goffamente un altro molto inferiore, col che si viene a mostrare di stimar poco quel dono, comparandolo con quello che si presenta, quasi fosse atto a compensarlo; e di credere che il dono ricevuto si sia giá compensato, sgravandosi dall’obbligo della gratitudine; e il donatore che nel donarvi si compiaceva in se stesso aspettandosi da voi e la cognizione del benefizio e la gratitudine, quantunque dovesse essere anche necessariamente e prevedutamente infruttosa, si vede nell’atto della sua maggior compiacenza privo del