Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/307

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appendice 301


capace di muover Giuliano a scrivere un libro ironico e giocoso, (certo elegante e negli scherzi si può dir attico e lucianesco, e infinite volte superiore ai suoi Caesares, senza sofistumi nello stile né in altro, e senza affettazioni né pur nella lingua, per altro elegante e ricca; e ciò perché questo è un libro scritto per circostanza e non ἐπιδεικτικός come i Caesares) contro gli Antiocheni; ora ai nostri delicati, francesi ecc., parrebbe grossolana e di pessimo gusto.

(E p. 312, I, 384). Aggiungete che il tempo di Giuliano era tutto sofistico; e tale egli è in tutte le altre sue opere; tali sono Libanio, Temistio ecc., suoi piú famosi scrittori contemporanei. Ma nessuno è sofista quando parla di se stesso e per se stesso, e in una occasione che mette in vero movimento l’animo suo.

Ancora a p. 60 sgg. (I, 171):

A ciò che ho detto in altro pensiero, intorno all’eloquenza di chi parla di se stesso, si può aggiungere e l’esempio continuo di Cicerone, che piglia nuove forze ogni volta che parla di sé, come fa tuttora, e quello di Lorenzino de’ Medici nella sua Apologia, che Giordani crede il piú gran pezzo di eloquenza italiana, e non vinto da nessuno straniero. Ora questo è un’Apologia di se stesso. Ed è mirabile com’egli, che scriveva per sé e non poteva andar dietro alle sofisticherie, abbia trasportata come un Atlante l’eloquenza greca e latina tutta nel suo scritto, dove la vedete viva e tal quale, e tuttavia vi par nativa e non punto traslatizia, con una disinvoltura negli artifizi piú fini dell’eloquenza, insegnati e praticati ugualmente dagli antichi, una padronanza, negligenza ecc., cosí nello stile e condotta ordine ecc. interno come nell’esterno, cioè la lingua ecc. inaffèttatissima e tutta italiana nella costruzione ecc., quando lo stile e la composizione e i modi anche particolari e tutto è latino e greco. E ciò mentre gli altri miserabili cinquecentisti, volendo seguire la stessa eloquenza, e maestri ecc., come il Casa, facevano quelle miserie di composizione, di stile, di lingua affettatissima e piú latina che italiana. Onde i soli eloquenti del cinquecento sono Lorenzino qui e il Tasso qua e lá per tutte le sue opere; che ambedue parlano sempre di sé, e il Tasso dov’è piú eloquente e bello e nobile ecc., cioè nelle lettere, che sono il suo meglio. La migliore orazione di Demostene è quella per la Corona.