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Pagina:Leopardi, Giacomo – Operette morali, 1928 – BEIC 1857808.djvu/339

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nota 333


preferendosi altri studi cotanto meno proficui. Forse ne potrebbe essere cagione il tòno cattedratico che ordinariamente vi s’impiega; onde la mente, non allettata dall’amenitá dello stile, né dalla varietá dei soggetti, facilmente si stanca, né può senza noia proseguir la lettura di certe opere, ancorché talora fornite di pregi non comuni.

A tale inconveniente soavissimo riparo ha posto l’Autore di queste Operette, spargendo in esse le piú belle grazie della lingua, e congiungendo alla varietá la singolaritá degli argomenti che ne invogliano a leggerle, come può scorgersi dall’Indice che è qui in fine; intento ei sempre a rendere l’animo piú elevato e piú forte per difendersi dai colpi non men della prospera che dell’avversa fortuna, contro ai quali qualunque siasi mortale dovrebbe trovarsi ognora preparato.

Di queste medesime Operette giá un saggio vedemmo l’anno scorso nell’Antologia di Firenze e nel Nuovo Ricoglitore di Milano, il quale non fu al certo disgradito; onde con ragione speriamo che, dandole or tutte, e tutte intatte quali ci vennero regalate dall’Autore, anche piú accette debbano riuscire, e che a noi pure i colti e retti Leggitori sapran grado, dacché in esse intendiamo di presentar loro il frutto di lunghissime meditazioni d’uno scrittore e pensatore di cui oggidí l’Italia non ha il maggiore né il piú sincero. </dv>

3. Operette morali ❘ di ❘ Giacomo Leopardi ❘ Seconda edizione con molte aggiunte e correzioni dell’Autore.

Firenze, presso Guglielmo Piatti, 1834. Volume in 16 0 piccolo di p. 292. Precede:

L’Editore ai Lettori

Il rapido smercio della prima edizione di questa operetta che, ad onta della piccola mole è il frutto di lunghe e serie meditazioni di uno dei piú begli ingegni che adornino le Lettere italiane, non è il minore argomento del merito riconosciuto della medesima. Ond’è che per soddisfare alle richieste che ne venivano, credei gratificarmi ai lettori de’ buoni studi, riproducendola dall’edizione milanese del 1827, la quale è stata riveduta e ritocca dall’Autore, ed accresciuta di alcune note e dei due ultimi dialoghi.

Una noterella alla Storia del genere umano, soppressa nell’ediz. di Napoli, e nelle successive, ma evidentemente voluta dalla Censura ecclesiastica toscana, dichiara:

«Protesta l’Autore che in questa favola, e nelle altre che seguono, non ha fatta alcuna allusione alla storia mosaica, né alla storia evangelica, né a veruna delle tradizioni e dottrine del Cristianesimo.»