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manuale di epitteto - xxxii-xxxiii | 101 |
pericolo; perciocché quando pure ti fosse detto dall’indovino i segni delle vittime essere di mala qualitá, manifesto è che per questa cosa ti sarebbe significata o la morte o il troncamento ovvero lo storpiamento di qualche parte del corpo, o forse l’esilio; ma ragione ti mostra che ancora con tutto questo egli si vorrebbe assistere all’amico e mettersi al pericolo per la patria; e per tanto tu obbedirai a un maggiore indovino, io voglio dire ad Apollo Pizio, il quale scacciò dal tempio colui che era mancato di soccorso all’amico in quella che egli era messo a morte.
[XXXIII]
Stabilisci a te stesso, come a dire, un carattere e una figura la quale tu abbia a mantenere da quindi innanzi sí praticando teco stesso e sí comunicando colle persone.
Tacciasi il piú del tempo, o dicasi quel tanto che la necessitá richiede, con brevitá. Solo qualche rara volta, confortandovici il tempo e il luogo, discendasi a favellare distesamente; ma non di cotali materie trite e ordinarie, non di gladiatori o di corse di cavalli, non di atleti, non di cibi né di bevande, né di sí fatti altri particolari di che si ode a favellar tutto il dí, e sopra ogni cosa, non di persona alcuna lodando o vituperando o facendo comparazioni.
Fa’, se tu puoi, di raddirizzare e ridurre al convenevole i ragionamenti dei compagni. Se tu ti ritroverai solo tra persone aliene dalla filosofia, tienti senza far motto.
Poche risa, e non grandi, e non di molte materie.
Non prender mai giuramento, se tu potrai; se no, il piú di rado che tu possa.
Schifa di trovarti a conviti di persone comunali e rimote dalla filosofia: e se ciò per alcuna occasione talvolta non si potrá schifare, ricòrditi di stare desto e attento piú del consueto, che tu non trascorressi nei modi e costumi della comun gente. Imperocché sappi che di necessitá, se il compagno sará lordo, e che tu gli praticherai dattorno, tu ti lorderai, ponghiamo che ora sii netto.