Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/144

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raccolgono piaceri schietti e durabili. E dove da quelle altre cose prima riceviamo il piacere e poscia il contrario, da queste all’incontro dopo i travagli si riportano le dolcezze. Ora in ciascheduna cosa noi sentiamo il fine assai piú che non abbiamo a memoria il cominciamento, e la maggior parte delle azioni si fanno, non per sé, ma per rispetto di quello che ne dèe nascere. Considera altresi che agli sciocchi e da poco è lecito operare a caso, per aversi eletta insino da principio questa cotal maniera di vita; ma quelli che vogliono parere assennati e valenti non possono mancare di attendere alla virtú, o bisogna loro incorrere nella riprensione di molti. Perocché non tanto sono odiati quelli che procedono male, quanto coloro che fanno professione di costumi lodevoli, e negli effetti non si diversificano punto dalle persone volgari. E in veritá, se quelli che dicono bugia pur di parole sono riprovati da ciascuno, molto ragionevolmente saranno reputati tristi coloro che mentiscono, per dir cosi, con tutta la vita. E si potrebbe dire che questi tali non solamente peccano contra sé stessi, ma sono eziandio traditori della fortuna, la quale gli forni di ricchezze, di riputazione e di amici, ed eglino si sono renduti indegni della felicitá ricevuta. Che se ad uomo mortale non si disdice far qualche congettura dell’animo degli dèi, pare a me che anche questi abbiano dato ad intendere in che disposizione sieno verso i malvagi uomini e verso i buoni, e ciò massimamente in certi a sé congiuntissimi di sangue. Imperciocché avendo Giove, secondo che narrano le favole ed è creduto da tutti, generato Ercole e Tantalo, l’uno per la sua virtú fece immortale, l’altro per la tristizia puní con supplicii gravissimi. Ai quali esempi guardando, si vuol fare ogni sforzo di giungere alla costumatezza e alla virtú, e non solo osservare le cose dette da noi, ma imparare oltre di ciò le migliori che abbiano scritte i poeti, e se gli altri sofisti hanno detto alcuna cosa utile, pigliare la fatica di leggerle. Imperciocché nel modo che noi veggiamo fare alla pecchia, la quale si posa in su