Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/165

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uni dagli altri, a pensarne non che a dirne ogni cosa, sarebbe impossibile, ma ora al nostro uopo basta quel tanto che ne è detto. Che poi giustamente e convenevolmente io mi tenga questa signoria, con molto minor numero di parole si può dichiarare, ed è cosa intorno alla quale consentono i giudizi degli uomini molto piú. Tutti sanno che Teucro, ceppo della mia famiglia, presi con sé gli antenati degli altri nostri cittadini, venuto in questi paesi, fondò ai compagni questa cittá, e tra loro il territorio distribuí; e che mio padre Evágora, stata perduta da altri la signoria, esso con pericoli grandissimi ricuperatala, mutò le cose per modo, che non piú i fenici comandano ai Salamini, ma quelli che ebbero questo regno a principio, hannolo anche al presente. Resta che io dica di me stesso, acciocché voi conosciate tale essere il re vostro, che egli, non solo per rispetto degli antenati, ma per sé medesimo, sarebbe anco degno di maggior dominio che questo non è. Io penso che niuno voglia contendere che di tutte le virtú non sieno le piú pregevoli la giustizia e la temperanza, poiché queste, non solo ci sono utili da sé medesime, ma se noi prenderemo a considerare le cose umane, guardando alle nature, alle potenze ed agli usi loro, troveremo che quelle che sono al tutto divise da queste due qualitá, producono mali grandi, e quelle che sono congiunte alla temperanza ed alla giustizia, giovano in molti modi alla nostra vita. Ora se mai per l’addietro fu alcuno che di cosi fatte virtú avesse lode, panni che ancora a me sia dovuta la stessa fama. La mia giustizia potete conoscere massimamente da questo, che avendo io trovato, quando presi a regnare, vóto l’erario regio, consumata ogni facoltá, ogni cosa piena di confusione e bisognosa di cura, di cautela e di spesa grande, benché io sapessi che altri in sí fatti casi non lasciano mezzo alcuno indietro, appartenente a riordinare le cose proprie, e si lasciano sforzare a molti atti diversi della natura loro, non per tanto non fui pervertito da tali difficoltá e da tali esempi, ma governai le cose con tanta innocenza e tanta onestá, che io non pretermisi di fare una menoma parte di quello perché