Pagina:Leopardi, Giacomo – Pensieri, Moralisti greci, 1932 – BEIC 1858513.djvu/168

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hanno la piú parte dei principi intorno alla procreazione dei figliuoli, né mi è paruto ben fatto, procreare questo da femmina di minor grado, quello da persona di piú alto affare, e lasciar figliuoli, altri spuri ed altri legittimi; ma ho creduto che quanti nascessero da me, tanti dovessero potere, si dal canto del padre e si della madre, riferire la propria origine a mio padre Evágora fra i mortali, agli Eacidi fra gli eroi, a Giove tra gl’ iddíi, e nessuno dei miei figliuoli dovere essere privato di questa nobiltá di stirpe. E una delle molte considerazioni che mi hanno indótto a volere entrare e perseverare in questi andamenti e in questi propositi, è stata che il coraggio, l’ingegno e le altre qualitá lodate, sono comuni a molti ribaldi, ma la temperanza e la giustizia sono proprie ricchezze degli uomini costumati e buoni. Onde la piú onorata cosa che io potessi fare, mi è paruto che fosse di attendere, lasciate star le altre virtú, a queste due, delle quali nessuna parte hanno i tristi, verissime, durevolissime, grandissime sopra tutte, e degne di grandissima lode. Per questa considerazione, piú che nelle altre virtú, ho posto cura all’esercitarmi nella temperanza e nella giustizia, e delle voluttá non ho scelto quelle che si godono in sul fatto stesso e che niuna sorta di onore portano seco, ma si bene quelle che si colgono dalla gloria prodotta dalla bontá dei costumi e delle azioni. Vuoisi poi giudicare delle virtú esaminandole, non tutte negli stessi casi, ma la giustizia laddove l’uomo trovasi disagiato di roba, la temperanza laddove egli è in istato potente, la continenza, nell’etá giovanile. Ora in tutte queste condizioni si è potuto vedere il saggio delle mie qualitá. Perciocché, lasciato da mio padre in istrettezza di danari, io mi sono portato con giustizia tale che io non ho dato materia di rammarico a un cittadino qual si fosse; venuto in quel grado di potenza dove l’uomo fa quel ch’ei vuole, io mi sono dimostrato piú temperante che non fanno i privati; e l’uno e l’altro a tempo che io mi trovava in quell’etá nella quale veggiamo che i piú degli uomini sogliono nelle loro azioni trascorrere